Anche i bulloni possono essere super tecnologici. Lo sanno bene alla Poggipolini San Lazzaro di Savena, nel territorio di Bologna, dove nel 1950 è nata allora una piccola officina meccanica dedicata alle auto di Formula 1. Una realtà che oggi si è trasformata in una vera e propria multinazionale tascabile, che si dedica a progettare e fabbricare fissaggi critici e componenti di precisione in titanio, ma anche leghe speciali d’acciaio per l’aeronautica, la difesa, l’automotive e il motorsport.
Per il 2024 il top management punta a raggiungere quota 50 milioni di euro di fatturato consolidato, che per tre quarti viene generato all’estero. Di questo, il 20% delle risorse è destinato alla investigazione e allo sviluppo di nuove soluzioni, perché in fondo non si smette mai di essere una startup: “Abbiamo creato uno spazio di produzione per il nostro team che si occupa di innovazione per fare investigazione su prodotti, materiali e processi produttivi che potremmo in futuro integrare”, spiega Michele Poggipolini, amministratore delegato della società di famiglia.
Il bullone moderno
Nel 2019, con la verve dell’innovatore, Poggipolini ha guidato lo spin-off di Sens-In, “primo progetto di venture building italiano”. Infatti, la società si occupa di rendere intelligenti i fissaggi “cosa che li rende una delle nostre tecnologie di punta che sta avendo maggiore successo nel mondo”, dice l’ad del gruppo. “L’idea è trasformare il bullone in un oggetto in grado di parlare, che possa dare dati in tempo reale e rivelare la tenuta di un sistema e la qualità del fissaggio. Hedge computing a bordo di una vite…”, sintetizza. Una soluzione già sul mercato per industrie come quella petrolifera e quella dell’energia, ma non ancora disponibile per l’aeronautica dove serve “più tempo” per le certificazioni.
“Il motore di tutto è cercare di anticipare le esigenze dei nostri clienti”, sottolinea Poggipolini che da quando ha preso le redini della società ha ridisegnato le strategie e gli obiettivi del gruppo. Fino al 2010 l’azienda era “pienamente assorbita” dalle produzioni di nicchia per i fissaggi della Formula 1, e anche per la meccanica all’interno del motore. Poi le nuove regole sportive hanno fatto finire la magia: i test sono stati ridotti e il numero dei motori da produrre è crollato. Per chi si occupava di tenere in soggezione insieme i pezzi è stato un duro colpo. “Infatti, abbiamo perso all’improvviso il 65% del nostro fatturato. Cosa che ci ha spinto a reinventarci guardando soprattutto ad altri mercati, come, per esempio, quello aeronautico dove eravamo già presenti dagli anni Novanta”.
A piccoli passi il gruppo si è fatto largo nell’industria dei fissaggi, un mercato che da solo vale 10 miliardi di dollari e che è dominato all’80% da quattro gruppi globali. “Con la tecnologia acquisita dalla Formula 1 sapevamo di poter diventare un’alternativa: lavoriamo molto sulla flessibilità produttiva, un servizio che grandi nostri competitor non possono fare. Parliamo di fissaggi critici super tecnologici come i bulloni che tengono insieme le pale degli elicotteri e gli elementi del motore”, spiega il manager.
Innovazione e acquisizioni per crescere
Nel 2017 il fatturato dell’azienda era di 10 milioni di euro, ora l’asticella per il 2024 è cinque volte all’insù, con aerospace e difesa diventate industrie core, perché arrivano a pesare per il 75% dei ricavi. Due sono i driver di crescita: innovazione dei processi produttivi e acquisizioni. “Abbiamo brevettato una tecnologia di processo che ci sta facendo crescere tanto. Questa, infatti, ci ha spinto dall’essere un produttore di nicchia, in grado di realizzare un bullone al minuto, al diventare nel 2017 un’azienda in grado di farne 100 nello stesso tempo”.
“Abbiamo investito senza avere contratti, scommettendo su una visione concreta e sulle esigenze del mercato: è stato un speculazione enorme, supportato dalle banche, per poter portare un processo tecnologico da noi sviluppato alla conquista di un mercato nuovo. Oggi – rivela Poggipolini – la stessa tecnologia la stiamo usando per poter portare il bullone in titanio, destinato alle hypercar da milioni di euro, alle automobili premium”. Una manna per l’industria dell’auto, perché le componenti in titanio tagliano il peso delle vetture: “Possiamo riuscire a togliere da una berlina circa 20 chilogrammi. Diventa quasi una scelta obbligata per chi realizza auto ibride ed elettriche”.
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di Michele acino www.wired.it 2024-09-30 04:40:00 ,