I segnali sono stati subitanei. Nelle intenzioni da tradurre in atti politici al più presto. Al primo Consiglio dei ministri utile arriverà un «pacchetto Piantedosi» su immigrazione e non solo. I tecnici del Viminale sono già al lavoro. L’emergenza sbarchi del resto è evidente, i numeri in ascesa vertiginosa. I requisiti per l’approvazione di un decreto legge ci sono tutti. Il disegno normativo in fase di elaborazione ha già avuto le prime indicazioni ufficiali. Lo stop a due Ong (organizzazioni non governative) con una direttiva del ministro dell’Interno appena insediato. Ma soprattutto il programma annunciato da Giorgia Meloni in Parlamento.
In arrivo 1.800 migranti in queste ore
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha convocato per domani – 27 ottobre – il Cnosp (comitato nazionale ordine pubblico e sicurezza) dove siedono i vertici delle forze di polizia, della Guardia Costiera, dello Stato Maggiore Difesa e dei servizi di intelligence. Non è il solo argomento, ma alla riunione l’immigrazione la farà da padrona. Il canale di Sicilia è in fibrillazione: due unità navali con 700 e 500 migranti fanno rotta verso Siracusa. Dalla Turchia sono state avvistate sei barche a vela in direzione Calabria. In totale si stimano 1.800 persone in acqua pronte a sbarcare sulle coste italiane.
La direttiva e l’andamento sbarchi
Il «cruscotto giornaliero» del ministero dell’Interno registra dal 1° gennaio fino al 25 ottobre 79.208 sbarchi; nello stesso periodo l’anno scorso sono stati 52.772 e nel 2020 erano 26.915. Rispetto a due anni fa gli arrivi dei migranti si sono triplicati. La direttiva di Matteo Piantedosi alle forze di polizia e alla Guardia Costiera è esplicita: le unità ong Ocean Viking e Humanity 1 avrebbero una condotta «non in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all’immigrazione illegale». Niente ingresso nelle acque territoriali o in porto, fa intendere il Viminale. Bisogna però fare i conti con la serie numerosa di barche e barchini non riconducibili a una nazione o una Ong.
L’attività in mare e i nuovi scenari
Le azioni di politica dell’immigrazione fanno capo sopra tutto al ministero dell’Interno. In ballo c’è il dicastero degli Esteri guidato da Antonio Tajani (Fi). Quello delle Infrastrutture, al timone Matteo Salvini (Lega), la Guardia Costiera alle sue dipendenze: «funzionali», come si dice in gergo, mentre quelle «gerarchiche» sono al dicastero della Difesa, domani presente al Cnosp con un suo generale o ammiraglio. Il ruolo di «polizia del mare» spetta alla Guardia di Finanza con le sue unità navali e aeree. All’Interno due sono i bracci operativi: la direzione centrale della Polizia delle Frontiere, il dipartimento Libertà civili. Un concerto istituzionale complesso. Oggi più che mai ad alto valore politico.
La «fase tre» della missione Sophia
Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha detto in Parlamento: «In Italia non si entra illegalmente ma solo attraverso i decreti flussi». Poi ha aggiunto: «La nostra intenzione è sempre la stessa. Ma se non volete che si parli di blocco navale lo dirò così: è nostra intenzione recuperare la proposta originaria della missione navale Sophia dell’Unione Europea che nella terza fase prevista, anche se mai attuata, prevedeva proprio il blocco delle partenze dei barconi dal nord Africa». Ma la terza fase di Sophia prevede, appunto, la presenza di unità navali europee in acque territoriali nazionali, libiche innanzitutto. Per farlo ci vuole l’ok della Libia e una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, basta consultare il sito della Marina militare.