Quanto accaduto a Palermo in occasione delle elezioni amministrative e del referendum del 12 giugno – forfait di quasi un terzo dei presidenti designati nei 600 seggi – non è un caso «isolato e inedito». A riconoscerlo è stato il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese in un question time in Parlamento durante il quale la responsabile del Viminale ha sollecitato una soluzione contro il fenomeno delle rinunce: aumentare la retribuzione per gli addetti ai seggi.
Caos a Palermo
«Il fenomeno delle rinunce – secondo Lamorgese – è collegato purtroppo ad un certo grado di disaffezione all’impegno civile, che si esprime anche attraverso l’attiva partecipazione alla vita democratica». Per questo Lamorgese richiede «l’avvio di una riflessione parlamentare per una conseguente risposta sul piano legislativo finalizzata a rendere più attrattiva la retribuzione» per gli addetti ai seggi.
Nel capoluogo dell’isola siciliana, secondo molti, a pesare è stata anche la concomitanza con l’attesa partita casalinga del Palermo calcio con il Padova per la promozione in B che aveva registrato il “tutto esaurito”. Forse neanche una retribuzione più sostanziosa avrebbe evitato il caos con 174 rinunce da parte di presidenti di seggio e la corsa contro il tempo per le sostituzioni: nei seggi rimasti vacanti, gli scrutatori sono rimasti “ostaggio” fino alle 2 della notte nella speranza che arrivasse il sostituto-presidente e solo in 64 sono stati trovati poco prima della mezzanotte, mentre per gli altri la ricerca è andata per le lunghe e oltre i termini di legge.
I compensi per il referendum partono da 100 euro
La concomitanza tra elezioni amministrative (a Palermo come in quasi altri mille comuni si votava per il sindaco) e referendum ha fatto scattare un calcolo diverso per la retribuzione prevista per i componenti dei seggi elettorali (presidente, segretario e tre scrutatori).
Solitamente per i quesiti referendari è previsto l’importo base di 130 euro per il presidente e 100 euro per gli altri membri. Cifre che vengono maggiorate per ciascuno dei quesiti sottoposti all’elettore: 33 euro per i presidenti, 22 euro per gli scrutatori e i segretari. Dal momento che i quesiti referendari erano cinque (nessuno ha raggiunto il quorum) l’importo complessivo ammonterebbe a 262 euro per i presidenti e 192 per gli altri componenti degli uffici elettorali.