Dopo il trapianto di cuore e rene provenienti da maiali geneticamente modificati, per la prima volta è stata tentata una procedura simile anche per il fegato: è stato trapiantato in un uomo di 50 anni già clinicamente deceduto al momento dell’operazione ed è rimasto attaccato ai suoi vasi sanguigni per 10 giorni, anche se il fegato originale è stato lasciato al suo posto. L’intervento, eseguito in Cina all’Ospedale Xijing dell’Università di Medicina dell’Aeronautica Militare di Xi’an, ha avuto successo: come riporta la rivista Nature sul suo sito, il fegato di maiale ha funzionato regolarmente, e prima di essere rimosso, non ha mostrato segni di rigetto.
“È molto interessante che si sia arrivati a questo punto, questa nuova strada che si è aperta e i successi ottenuti permetteranno di ricavare nuove preziose informazioni”, dice all’ANSA Cesare Galli, pioniere delle ricerche sugli animali geneticamente modificati per i trapianti, ideatore e direttore di Avantea di Cremona. “Ben vengano, dunque, queste prove – afferma Galli – rese possibili da pazienti che donano il loro corpo alla ricerca”. La procedura puntava a compiere un ulteriore passo avanti per verificare se, in futuro, gli organi di maiale geneticamente modificati potranno costituire un’alternativa valida per i trapianti, dal momento che i donatori umani sono di gran lunga inferiori alla richiesta.
Negli Stati Uniti, ad esempio, al momento oltre 100.000 persone si trovano in lista d’attesa e ogni giorno 17 persone muoiono attendendo un organo. In Italia, i pazienti in lista sono circa 8.000, con tempi medi di attesa che possono anche superare i 6 anni. Il fegato è teoricamente facilitato rispetto ad altri organi, poiché è possibile anche prelevare solo una parte del fegato del donatore, ma è anche un organo che svolge molte funzioni complesse e questo ne rende particolarmente difficile il trapianto. Infatti, mentre gli xenotrapianti (trapianti eseguiti con organi di specie diverse) di cuore e reni sono visti come possibili sostituzioni di organi a lungo termine, quelli di fegato sono considerati principalmente come soluzioni provvisorie.
“Lo scopo è far incassare tempo al paziente in attesa di un donatore umano – spiega Galli – non vedo nell’immediato la possibilità di applicazioni più a lungo termine”. Negli ultimi anni sono già stati effettuati diversi trapianti di cuore e rene provenienti da maiali in persone dichiarate morte, ma anche su pazienti vivi. Negli Stati Uniti, ad esempio, è stato appena trapiantato il rene di maiale in un uomo di 62 anni affetto da una malattia terminale, la prima procedura di questo genere. “Per il rene è più facile – aggiunge il direttore di Avantea – perché in caso di insuccesso la persona può sempre essere rimessa in dialisi”.
A gennaio è stato eseguito un altro intervento che ha coinvolto un fegato di maiale modificato, ma è stato collegato al paziente clinicamente deceduto rimanendo all’esterno del corpo e facendo circolare il sangue della persona per tre giorni. Nell’intervento effettuato lo scorso 10 marzo in Cina, il fegato proveniva da un maiale provvisto di sei modifiche genetiche che hanno l’obiettivo di evitare il rigetto dell’organo da parte del ricevente. I ricercatori prevedono di ripetere la procedura su un’altra persona clinicamente morta entro la fine dell’anno, e la prossima volta rimuoveranno anche il fegato umano.
Ma sebbene questi studi siano utili per valutare la fattibilità degli xenotrapianti in persone viventi, le procedure effettuate su persone prive di attività cerebrale (quindi dichiarate ufficialmente decedute) possono fornire informazioni limitate. “Si tratta di un compromesso – conclude Cesare Galli – è chiaro che nei pazienti in stato di morte cerebrale alcune funzioni risultano alterate e gli esperimenti non possono durare molto a lungo (il caso documentato più lungo è arrivato a due mesi), ma si tratta comunque di una fase intermedia positiva”.
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www.ansa.it
2024-03-22 16:04:00 ,