Dagli oltre duemila ricorsi presentati sotto l’ombrello del Gdpr in Europa, spiegano dalla Commissione, 711 sono arrivati a una decisione finale. “Non vogliamo modificare il Gdpr o mettere in discussione il meccanismo del one stop shop – assicura il commissario alla Giustizia, Didier Reynders -. Cerchiamo di facilitare la gestione dei casi”.
A chiedere di mettere mano al Gdpr è stato lo stesso consiglio dei garanti europei della privacy (Edpb), che nel 2022, in una lettera a Reynders, proponeva di armonizzare le regole. In particolare, scriveva che sui tempi di chiusura delle indagini il regolamento non fissa dei paletti e “questo può provocare che ritardi o differenza nella finalizzazione dei casi”. Motivo per cui il gruppo raccomandava scadenze per i vari step, tenendo conto della complessità dei casi, ma anche finestre entro cui è ammesso depositare un ricorso. Nel frattempo, il consiglio si è mosso in autonomia. Quando il garante italiano ha scoperchiato il problema di ChatGPT con il Gdpr, l’Edpb ha costituito un gruppo di lavoro per coordinare le future iniziative.
Le richieste
Bruxelles ha raccolto spunti da ong e organizzazioni di settore. Noyb, l’associazione creata da Max Schrems (l’attivista che ha fatto invalidare due volte gli accordi di interscambio di dati tra Unione europea e Stati Uniti), lamentava di aver depositato 800 reclami, di cui la maggioranza “non aveva raggiunto una decisione perché bloccata tra le varie autorità, non era stata gestita correttamente o aveva subìto pesanti ritardi”. I tempi troppo lunghi sono al centro delle critiche dell’Ufficio europeo dei consumatori.
Access now, ong sui diritti digitali, insiste su dare tempi certi e sul creare un sistema informatico comune per confrontare i casi e le decisioni prese. Così l’omologa Edri, per la quale servirebbero delle spiegazioni semplici e accessibili di base, su come presentare ricorso e a chi. Digital Europe, associazione di categoria, spinge per rafforzare la composizione amichevole delle liti. Punto sui cui spinge anche la Camera di commercio statunitense in Europa, chiedendo anche maggiore confidenzialità nella diffusione di documenti e memorie forniti dagli indagati (spesso aziende iscritte all’ente). Per l’Associazione europea degli operatori di telecomunicazioni, “le procedure lunghe e le tutele frammentano condizionano la capacità del Gdpr di influenzare i veloci mercati digitali”. E per Bitkom, associazione tedesca dell’industria tech, è meglio non mettere troppi paletti temporali, perché ogni caso fa scuola a sé.
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di Luca Zorloni www.wired.it 2023-07-04 15:01:37 ,