Descrizione
Price: 13,00€ - 12,35 €
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Il volume prende le mosse dalla chiarificazione di un costrutto concettuale: quello del darwinismo sociale. Di questo costrutto rivela l’uso ambiguo e arbitrario da parte di studiosi e ideologi. Usualmente si intende per darwinismo sociale la trasposizione delle idee principali dell’evoluzionismo, in particolare la lotta per l’esistenza e la selezione naturale, nel campo delle scienze sociali e della politica. In genere il ricorso in questi settori, è assai disinvolto e tende a dare per scontato, per il lettore, che il darwinismo sociale sia qualcosa di chiaro e assodato. Così invece non è: al contrario questo costrutto, staccandosi decisamente da qualsiasi intenzione darwiniana, è divenuto lo strumento per giustificare tutto e il contrario di tutto. È stato usato per giustificare le dottrine liberali, quelle nazionalistiche e quelle rivoluzionarie; per sostenere l’eguaglianza e la diversità tra individui e popoli; per fondare la giustizia sociale e la solidarietà ma anche per fondare la competizione e l’egoismo.
Editore : Rubbettino (30 novembre 2005)
Lingua : Italiano
Copertina flessibile : 254 pagine
ISBN-10 : 8849814585
ISBN-13 : 978-8849814583
Peso articolo : 330 g
ALFONSO DE FILIPPI –
GUERRA E DARWINISMO SOCIALE
INTERESSANTE -SUPERFICIALE RIGUARDO AL NAZIONALSOCIALISMO E AL MEIN KAMPF -QUALCHE ERRORE:LANZ VON LIEBENFELS NON SCRISSE LAMA LA
Pempi –
Da leggere
Questo breve ma ricco testo di Antonello La Vergata è una delle cose migliori che mi sia capitato di leggere di recente su darwinismo e dintorni. Già , è davvero il caso di parlare di âdintorniâ.Spiega La Vergata allâinizio del volume che è una prassi piuttosto comune tra gli storici fare riferimento al âdarwinismo socialeâ come un qualcosa di chiaro e inequivocabile. Tuttavia nel corso del volume si mostra come sotto tale categoria possano essere fatti entrare i credo politici più disparati, di destra o di sinistra, dal pacifismo allâesaltazione della guerra. Questa fagocitosi darwiniana avviene di solito a seguito di letture approssimative e parziali di Darwin â nel migliore dei casi â o più sbrigative adozioni di slogan pseudo-darwiniani che, di fatto, snaturavano il significato metaforico della lotta per lâesistenza, interpretandola in termini di scontro fisico, violenza e sopraffazione piuttosto che in quelli più corretti di successo riproduttivo.La Vergata, che di mestiere fa lo storico, procede dunque a una dettagliata rassegna di queste posizioni, allâinterno della quale troviamo nomi di spicco come Spencer, Spengler, Weber, Scheler, Shaw, Freud, William James, Kropotkin, Thomas H. Huxley, R. Fisher, Haeckel, Galton, e perfino Mussolini (sì, proprio lui). Nel far ciò lâautore capovolge una tesi di solito data per scontata, secondo cui Darwin non sarebbe stato un darwinista sociale, mentre i âveriâ darwinisti sociali sarebbero stati nientâaltro che suoi cattivi interpreti.Ebbene, se per darwinismo sociale intendiamo in generale la trasposizione dei principi della teoria darwiniana nel campo delle scienze sociali e delle idee politiche, è evidente come ciò abbia servito ideologie così diversificate, mantenendo con Darwin un collegamento talmente remoto, che la categoria stessa di âdarwinista socialeâ perde completamente il suo significato. Quale sarebbe, infatti, lâutilità di unâetichetta che può identificare tanto una cosa quanto il suo opposto? Tanto vale abbandonarla, dunque, limitandoci ad affermare (molto banalmente) che lâunico autentico darwinista sociale sia stato Darwin.La Vergata non ha timore, giustamente, di fare i conti con alcune ambiguità presenti negli scritti darwiniani. Anche il naturalista era infatti vittima di quei pregiudizi âendemiciâ allâinterno della cultura dellâOttocento, specialmente in un paese con ambizioni imperialistiche come lâInghilterra. Così Darwin, mentre da un lato descriveva il senso morale come lâattributo più nobile dellâumanità , dallâaltro sottolineava il pericolo che alcune misure âcontro-selettiveâ (la medicina, lâassistenza ai deboli, ecc.) potevano comportare per la âsaluteâ della specie. La Vergata ci lascia in questâambiguità . Personalmente, non sono dâaccordo, e penso che, leggendo complessivamente lâopera di Darwin, a risaltare in maggior misura sia piuttosto lâaspetto della simpatia, della socialità e della cooperazione.La tesi fondamentale del testo resta comunque unâaltra: qualsiasi fautore della guerra, della lotta tra le razze e della superiorità di una certa razza o popolo sugli altri, qualsiasi credo imperialista, militarista, razzista o quantâaltro, avrebbe potuto tranquillamente sostenere le proprie tesi anche se non ci fosse stato Darwin: «I concetti darwiniani, non di rado semplificati e distorti, servirono, per lo più, a dare nuova veste a vecchi ragionamenti, in questo come in altri casi» (p. 215).