Descrizione
Price: 12,99€
(as of Aug 18, 2024 21:24:02 UTC – Details)
Aprile 1999. Mount Pleasant, una tranquilla cittadina del New Hampshire, è sconvolta da un omicidio. Il corpo di una giovane dama, Alaska Sanders, viene trovato in riva a un lago.
L’inchiesta è rapidamente chiusa, la polizia ottiene la confessione del colpevole, che si uccide subito dopo, e del suo complice. Undici anni più tardi, però, il caso si riapre. Il sergente Perry Gahalowood, che all’epoca si era occupato delle indagini, riceve un inquietante messaggio anonimo. E se avesse seguito una falsa pista?
L’aiuto del suo amico scrittore Marcus Goldman, che ha a stento ottenuto un enorme successo con il romanzo La verità sul caso Harry Quebert, ispirato dalla loro comune esperienza con un altro crimine, sarà ancora una volta fondamentale per scoprire la verità. Ma c’è un mistero nel mistero: la scomparsa del suo consigliere Harry Quebert. I fantasmi del passato ritornano e, fra di essi, quello di Harry Quebert.
Dall’editore
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Recensioni dei clienti
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Prezzo
9,40 €€9,40 20,90 €€20,90 9,40 €€9,40
autore
Samantha Greene Woodruff Joël Dicker Angela Marsons
Ispirato alla vita del neurologo Walter Jackson Freeman II, il medico statunitense che lobotomizzò migliaia di pazienti
ASIN : B0B1JJ5D9R
Editore : La nave di Teseo (23 maggio 2022)
Lingua : Italiano
Dimensioni file : 4213 KB
Da testo a voce : Abilitato
Screen Reader : Supportato
Miglioramenti tipografici : Abilitato
Word Wise : Non abilitato
Memo : Su Kindle Scribe
Lunghezza stampa rosa : 630 pagine
Stallone Family –
bravo Dicker
Al di là del gusto non si può negare che bisogna essere bravi per raccontare trame cosi intricate…con salti temporali e di storia tali… qui Dicker non solo fa su e giù nel tempo con la trama del caso di Alaska Sanders…ma si ricollega anche agli altri due libri.. quello su Harry Quebert e quello sui Baltimore. Cronologicamente la storia raccontata nel libro dei Baltimore avverrà dopo il caso Alaska Sanders, ma il libro è uscito prima e in qualche modo tutto si ricollega.. a conclusione di una ben costruita trilogia… chissà che non ci sia un quarto libro… di cui si pongono le basi!Mi è piaciuto il caso, ma mi ero costruita un finale diverso…anche se quello avvenuto lo immaginavo.Secondo me tutto poco realistico. Ma cmq riesce a stare in piedi. Non mi aspetto la realtà da un libro, come da un film, e la realtà riesce sempre ad essere peggio.Nel complesso lo consiglio come consiglio i 2 precedenti, anche se Baltimore non è un giallo investigativo.Tuttavia mi fermo qui, dopo 3 libri non credo leggerò altro di questo autore. Sono soddisfatta cosi.
Giulia D. –
Ricordavo di meglio> che lo tormenta.Tirando finalmente le somme, Il Caso Alaska Sanders è un bel libro, un libro da ombrellone, che vi terrà col fiato sospeso e vi lascerà un ricordo piacevole, anche se personalmente non mi spiego come l’entusiasmo da esso suscitato possa, agli occhi dei lettori, non essere incrinato dai suoi ovvi difetti, ovvero le interruzioni narrative date dai flashback ininfluenti, il ritmo narrativo che stenta a decollare e una certa pesantezza iniziale data dall’impianto finto-metaletterario di cui si diceva sopra che, se è perfettamente lecito da parte dell’autore da costruire, risulta stancante e ripetitivo, a lungo andare. A mio parere sono difetti che anche un lettore debole/medio, del genere che, per l’appunto, vuole un libro da ombrellone, non può fare a meno di notare, dunque non mi capacito dei giudizi di <> e consimili che leggo ovunque. Anche come si faccia a vincere premi letterari con gialli dietro i quali non vi è la benché minima concettualizzazione, nessuna grande tematica da esplorare, nessuna morale o non morale, ma solo prototipi di reginette di bellezze mezze svestite con relazioni discutibili, è una cosa di cui non mi capacito, ma temo che, per dirla come Marcus, questa sia proprio un’altra storia, e che, dopotutto, se un libro vende, ne vada dato merito al suo bravo e bell’autore, e quindi pace.
Ho acquistato e cominciato questo romanzo pensando di andare a colpo sicuro: nonostante avessi perso un po’ le tracce di Joel Dicker dalla Verità sul Caso Harry Quebert, ricordavo di aver letto una bella storia, ricca di colpi di scena interessanti e con un protagonista niente male, l’acclamato scrittore esordiente Marcus Goldman.Mi sono trascinata questo entusiasmo per le prime cento pagine, sebbene i continui riferimenti alla Verità mi avessero già cominciata a stancare. Passi che questo è il seguito ideale del primo romanzo, passi che, per ovvie ragioni, Harry e Marcus abbiano lasciato la loro amicizia in sospeso e che ci siano questioni irrisolte tra loro, e passi anche che pure il Caso Alaska Sanders ci viene presentato nella stessa cornice finto-metaletteraria della Verità , in cui Marcus ci racconta a posteriori la stesura di questo libro; ma davvero, dopo un po’ i continui e frammentati flashback di Marcus iniziano a interrompere e penalizzare una narrazione già lenta, senza peraltro aggiungere nulla di rilevante ai fini del plot investigativo – quasi tutti riguardano vicissitudini sentimentali del protagonista e dei suoi amici che, se a volte, caratterizzano meglio il suo personaggio, potevano benissimo essere condensati e/o posizionati altrove. Un lavoro un po’ distratto di editing? Mah. Ho segnato che, indicativamente, il romanzo non decolla prima di pagina 300, punto dal quale le investigazioni cominciano a muoversi a ritmo direi adeguato (senza affrettare né dilungare eccessivamente le indagini). Da qui in poi tace finalmente quel Marcus-narratore invadente che spara riferimenti sibillini a una tragedia personale della quale non vuol parlare – che sarà rivelata nel libro successivo/in realtà precedente, Il Libro dei Baltimore, che io non ho letto -, per lasciare il posto ad un giallo bello succoso e torbido sul filone di quello di Nola Kellergan. Il Caso Alaska Sanders è in effetti, di per sé, coinvolgente e appassionante,e mi ha fatto divorare la seconda parte del libro con la voglia spasmodica di arrivare al colpevole, che non avevo affatto previsto. Mi è piaciuto il fatto che i due presunti colpevoli, Walter e Eric, siano i “perfetti” colpevoli, per via del gioco di inganni architettato dal vero assassino, e tutti gli elementi a loro carico che l’autore dispone sapientemente nel corso della storia, difficili da slegare alle loro personalità e vicissitudini personali. Un po’ fumosa Alaska, che non mi è sembrata contenere tutta questa tenebra come parevano preannunciare le cose, ma più che altro direi una sfortunata vittima degli eventi e delle persone che ha incontrato, che l’hanno portata a imboccare – figurativamente e non – la strada che alla fine l’avrebbe condotta alla morte. Bella anche l’ambientazione della cittadina americana apparentemente tranquilla coi suoi scheletri nell’armadio, relativamente alla quale apprezzo il fatto che l’autore ci dia quel tanto di scabroso per far andare avanti la storia senza esagerare e/o sprofondare nel turbine crudo della devianza come fanno altri autori, credo a scopo puramente espressionistico, che personalmente non riesco a leggere – sono insomma quadretti e caratterizzazioni piacevoli da leggere che non ci lasciano turbati, semmai intrattenuti. Ovviamente ciò non vale per l’assassino, a proposito del quale, se posso, avrei apprezzato una chiusa un po’ più approfondita, magari proprio a carico del munifico Marcus-narratore di cui sopra (come giustificare quello che ha fatto, la sua freddezza calcolatrice, tanto lontana dai sentimenti che dice di aver provato, il suo andare avanti per tutti quegli anni senza il minimo segno di cedimento, nonostante il continuo supervisionare affinché nessuno scoprisse la sua identità ?), ma il mio desiderio è rimasto inappagato, evidentemente Marcus risolve le scomparse di giovani donne fatalmente attraenti solo per il “brivido della caccia” , l’ispirazione o al massimo la riabilitazione di un amico (qui il sergente Perry Gahalowood, che undici anni prima si occupò del caso e ne ebbe diverse ripercussioni, lì lo scrittore-mentore-predatore Harry Quebert, che, se aveva avuto una relazione con una quindicenne non è detto fosse il mostro che l’avrebbe assassinata, giusto?), senza che la sua mente da scrittore del secolo, promessa della narrativa mondiale con contratti editoriali e diritti cinematografici milionari ritenga opportuno interrogarsi su questioni aleatorie come il bene e male, giacché l’importante è vendere. O al massimo, tentare di interrogarsi e risolvere solo i propri, di conflitti, primo fra tutti l’ aggrapparsi spasmodicamente al ricordo e alla ricerca del sopraccitato Quebert che, per ovvie ragioni, voleva solo sparire dalla circolazione per un po’, salvo poi concedersi qualche edonistico intervento nella vita dell’ex pupillo per indirizzarlo dove egli crede che stia o non stia meglio, perché Marcus non è lui e altre argomentazioni opinabili. Tralasciando un attimo questa presenza “spettrale”, non è sbagliato che il Marcus-protagonista abbia dei conflitti, assolutamente, né è detto che debba risolverli alla fine del romanzo, a maggior ragione se Dicker ha concepito il Caso come intermezzo tra La Verità e Il Libro dei Baltimore, e ha voluto con esso dare ragione di un periodo di turbamento precedente la catarsi finale, però, purtroppo, per noi lettori, non è poi tanto appagante leggere di un character arc che non si conclude e che anzi ci ha ammorbato nel corso del plot senza arrivare a un nulla di fatto, senza che si sia capito se Marcus vuole la gloria a caro prezzo, come Quebert e i suoi demoni, se vuole e può avere (cosa che non gli sembra concessa, e non capisco perché) una gloria a prezzo scontato, senza grosse turbe mentali personali, o se vuole una vita tranquilla da docente universitario, moglie e figli a carico e casa in campagna in un ridente paesino dell’entroterra americano. Le sue continue peregrinazioni da uno stato all’altro lascerebbero propendere per quest’ultima idea, sebbene appunto la risoluzione del proprio personale giallo interiore non gli sarà concessa fino a che non sarà sceso a patti con la misteriosa <
Il gladiatore –
un bravo romanziere
Joel Dicker è, a mio parere, un bravissimo scrittore (complice lâottima traduzione). Capitoli brevi, ben scritti, dove la costruzione del racconto è il ritmo non lasciano spazi a cadute di tensione. Il racconto non é mai volgare o fastidioso, ma ha lo stile di altri tempi. Lâunica pecca potrebbe trovarsi nella lunghezza eccessiva del libro e di un finale, sì inaspettato, ma poco credibile. Comunque sia, tra i romanzi di questo genere, merita cinque stelle piene.
Giovanni Delpero –
Il caso Alaska Sanders
Avevo letto già 3 libri di Joël Dicker: la lettura ti cattura fino a che non finisce: ci sono continui cambi di ritmo che ti lascianoo con il fiato sospeso fino alla fine anche in questo romanzo.
GIAMMARCO M –
Dicker è tornato, ma manca qualcosa
Ho letto tutto di Dicker. La mia opinione è che “La Verità sul Caso Harry Quebert” resti il suo romanzo migliore, seguito in seconda posizione da “Il Libro dei Baltimore”.Ci tengo a puntualizzare che, nonostante la fama ormai raggiunta da questo autore, non tutti i suoi romanzi si sono rivelati all’altezza: mi riferisco in particolare a “La scomparsa di Stephanie Mailer” che ho trovato lento e poco coinvolgente e soprattutto a “L’Enigma della camera 622” che invece ha preteso di venderci una ricostruzione al limite della sospensione dell’incredulità !Non dobbiamo affrontare le sue letture cercando un significato letterario profondo; i suoi romanzi sono per lo più un leggero passatempo per gli amanti dei gialli. La scrittura è molto semplice e scorrevole perciò non richiede grande impegno da parte del lettore. Il suo stile può non piacere a tutti dal momento che utilizza spesso flashback e cambi di “prospettiva narrante” saltellando tra i diversi personaggi dell’intreccio.Parliamo comunque di un prodotto da ombrellone (senza voler essere eccessivamente dispregiativi) che infatti viene pubblicato spesso e volentieri poco prima dell’estate…Nonostante la prosa sia scarna ed i contenuti leggeri non riesco comunque a disprezzare Joel Dicker: i suoi libri mi hanno tenuto spesso compagnia rilassandomi e distraendomi con facilità .Con “Il caso Alaska Sanders” bisogna riconoscere a Dicker di essere tornato ad essere se stesso. Ha rispolverato (furbescamente) i personaggi di Harry Quebert e dei Baltimore per riallacciare il lettore con un filo di nostalgia ai suoi successi migliori: un’ operazione semplice ma efficace, che ci restituisce il suo stile migliore e (con ogni probabilità ) la voglia di proseguire la lettura con il suo prossimo romanzo (di cui sembra esserci un accenno nel finale).Tutto ciò premesso devo dire di essere rimasto in ogni caso un po’ deluso; se da una parte sento di aver ritrovato in questo libro quanto mi era piaciuto dei primi successi di Dicker, dall’altro devo ammettere di aver sentito decisamente meno i personaggi (sempre non molto approfonditi) e soprattutto di aver trovato spesso dei dialoghi e delle ricostruzioni poco convincenti e addirittura ingenue.Potrebbe anche essere che dopo questi anni mi sono un po’ abituato al suo stile e incomincio ad esserne meno coinvolto ed entusiasta. Questo essenzialmente è il motivo delle 3 stelle: nonostante (come sempre) la trama sia accattivante e sia difficile interrompere la lettura senza iniziare il capitolo successivo (forse il suo maggior pregio) non me la sono sentita di spingermi a 4 perché resto convinto che inizi a mancare qualcosa.
Mandors –
I must admit this book is well written and once you start reading it you can’t stop. The style of the author is such that it gets you addicted to it.Worth a read
Nathasha Seneviratne –
Mi sono presa il mio tempo per leggerlo, ma devo dire che ogni volta che mi fermavo non facevo altro che pensarci! Cercavo di capire che era il colpevole e ogni volta che credevo di averlo capito qualcosa mi faceva completamente cambiare idea! Un libro eccezionale! Come altri suoi libri che ho letto! ð
Eleonora Mandato –
Sarà perché ne hanno parlato tanto e in genere bene, ma mi aspettavo di più. Ho letto il primo romanzo dellâautore e mi era piaciuto. La storia raccontata in questo romanzo è noiosa, lenta, anzi lentissima, e non mi ha catturato. Banale e insipido.
Elena Mazzanti –
ottima lettura. Thriller pieno di colpi di scena.. Scritto e tradotto molto bene. Bella ambientazione e caratterizzazione dei personaggiDa leggere tutto di un fiato
Giammarco Tosi –
Long and complex, created on a pyramid made by multiple layers of interconnected plotsIt drives the reader towards the solution without pushing him too quickly, good for a summer reading