Per tre volte è stata rimandata a dimora e curata con del paracetamolo, ma in realtà aveva un tumore al cervello. A pochi giorni dalla sua morte il marito di Alessandra Taddei racconta il calvario della moglie prima della diagnosi arrivata solo grazie a un ricovero al San Raffaele di Milano.
Alessandra Taddei (Facebook)
È morta lo scorso 20 agosto Alessandra Taddei, uccisa da un tumore che non le ha lasciato scampo e che in un anno, nonostante le cure, l’ha strappata ai suoi famigliari, ai figli e al marito Francesco Costa. Anche lui professore, come la moglie, dopo un anno ha denunciato a gran voce una parte del cammino che Alessandra ha dovuto affrontare e iniziato prima di ricevere la diagnosi, quando la donna si è recata al pronto soccorso al Dea di Verbania a causa di forti emicranie. Sintomi di quello che si è scoperto poi essere un tumore ma che al tempo furono giudicati come dei semplici mal di testa e curati con del paracetamolo.
È stato necessario un mese e un viaggio in Lombardia per capire che quelle emicranie erano in realtà il biglietto da visita di un male poi risultato incurabile, ma a distanza di un anno il grido di dolore del professor Costa che ha detto addio alla moglie pochi giorni fa è forte e deciso: “So che mia moglie non si sarebbe salvata – spiega l’uomo in un’intervista rilasciata a La Stampa – ma almeno non avrebbe sofferto quei giorni in più finché siamo dovuti andare in Lombardia”. La storia di Alessandra Taddei, 54 anni, insegnante alle scuole medie di Verbania inizia infatti il 13 settembre con un primo accesso in pronto soccorso a causa proprio di un forte mal di testa che non sembrava passare: “Quella notte alle 3,07 andammo in pronto soccorso. Fu dimessa alle 4,44 – racconta il marito – anamnesi: cefalea senz’aura, presente da anni e acutizzatasi questa notte. Prescrissero delle gocce e paracetamolo”.
Poi altri due episodi simili, uno il pomeriggio del giorno dopo quando a causa della persistente emicrania decidono di chiamare un’ambulanza e un altro il 21 settembre: nel primo caso le dimissioni con anamnesi “crisi cefalgica in paziente affetta da emicrania” con aggiunta di paracetamolo 1000 al bisogno, nel secondo caso invece le dimissioni arrivarono solo due ore dopo: “Era la terza volta che tornavamo così chiesi di approfondire con esami diagnostici. Loro rimandarono al 25 settembre, quando già avevamo appuntamento per una risonanza magnetica dopo esserci rivolti a un neurologo. Così ho deciso di andare dai carabinieri a Intra che mi hanno ascoltato, quasi piangevo nel raccontare quanto stava succedendo”.
Nonostante la richiesta di parlare con un medico il signor Costa non fu ascoltato, da qui la decisione di rivolgersi nuovamente ai carabinieri e la decisione, il giorno dopo, di partire per Milano, su consiglio di una parente, viste le condizioni sempre più precarie di Alessandra Testa: “L’abbiamo portata al San Raffaele di Milano – spiega il marito – è entrata in codice arancione, alle 13. Le hanno fatto esami e Tac, alle 18 il medico mi ha spiegato che avevano trovato una massa voluminosa che premeva contro il cervello. Era il tumore”.
Nei giorni successivi Taddei è stata sottoposta all’operazione, poi le radioterapie ma il tumore è tornato, una lotta lunga, fino al 20 agosto quando la lotta è terminata. «Mi chiedo perché nessuno, vedendo che era un caso sospetto, non abbia mandato mia moglie a Domodossola o Novara dove c’è la neurologia, so che mia moglie non si sarebbe salvata ma almeno non avrebbe sofferto quei giorni in più finché siamo dovuti andare in Lombardia».
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di Chiara Ammendola
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2022-09-06 06:04:58 ,