Le prossime settimane in Georgia saranno delicate. Come lo erano state in Ucraina nel 2013, quando in discussione c’era la firma dell’Accordo di associazione con l’Unione Europea. Le motivazioni dei manifestanti che protestano contro il provvedimento ‘russo’ approvato lunedì dal Parlamento a Tbilisi “sono due, difendere le libertà civili e un futuro europeo”, così come due sono gli obiettivi di chi lo propone, reprimere la società civile e allontanare la Georgia dall’Ue. Le proteste, “senza precedenti”, sono trasversali anche per età ma “in prima linea c’è la generazione Z, che non ha vissuto le guerre dei primi anni Novanta (la guerra civile a Tbilisi, l’Ossezia del sud e poi l’Abkhazia), il crollo dell’Unione sovietica e delle conseguenze economiche che ha portato”, spiega in una intervista all’Adnkronos Nona Mikhelidze, responsabile di ricerca all’Istituto affari internazionali di Roma, sottolineando che, per la prima volta, nella lunga storia di proteste di piazza della Georgia, non c’è un leader politico a guidarle e non è presente la geopolitica.
In piazza ci “sono giovani liberi, aperti, cosmopoliti. Non capiscono una parola di russo, ma parlano perfettamente l’inglese, si informano sui media internazionali e sono senza riferimenti politici”. “E’ stata una sorpresa anche per noi georgiani: non ci eravamo resi conto che i ragazzi nati all’inizio degli anni Duemila fossero cresciuti così liberi, che avessero sviluppato un nazionalismo civico, privo della componente etnica che aveva invece negli anni Novanta”, aggiunge Mikhelidze, sottolineando il carattere comunque difensivo del nazionalismo in un Paese come la Georgia, data la vicinanza della Russia.
“Io stessa che, da studentessa, avevo partecipato alla Rivoluzione delle rose del 2003 (contro l’allora Presidente Eduard Shevardnadze, ndr) non avevo mai visto nulla di simile, per i numeri e l’età dei partecipanti, l’inclusione, in tutti i sensi, le posizioni aperte su questioni Lgbtq, la parità di genere, la presenza in piazza di minoranze etniche, disabili, slogan in favore del diritto all’istruzione per tutti”, quindi valori europei. “L’Europa non è solo una scelta di politica estera, ma un modo di vivere, è come sono i ragazzi che protestano, come se questo modo di vivere europeo facesse parte della loro identità, e non si inserisse solo nella banale geopolitica”, sottolinea l’analista. “Non tutto si inserisce in ideologia di destra o di sinistra, pro Putin o pro Biden”, aggiunge, citando l’esempio degli avvenimento in Ucraina fra il 2013 e il 2014.
In queste ore, racconta Mikhelidze, è in atto “la diplomazia persuasiva” di Ue e Stati Uniti. Loro rappresentanti stanno lavorando a Tbilisi per trovare un compromesso, che riesca anche a salvare la faccia del partito al potere in vista delle elezioni, vale a dire, per fare in modo che, dopo che la presidente Salomé Zourabichvili avrà espresso il suo veto, come aveva anticipato di voler fare, con articolate motivazioni e proposte di cambiamento, come previsto dalla legge, il partito del Sogno georgiano di maggioranza, invece che fissare un voto per superare il veto – avrebbe la maggioranza necessaria per farlo – potrebbe avviare una riflessione sulle correzioni proposte che non si concluderà prima dello scioglimento del Parlamento a fine legislatura, per le elezioni di ottobre. In tal modo, non potranno non ritirare il provvedimento e allo stesso tempo dimostrare rispetto per la democrazia e il parere della Presidente. Ma “non è detto” che il partito di maggioranza si comporti secondo quella che appare come la modalità più razionale per uscire dalla crisi. Sono “mesi delicati”, come lo erano stati quelli successivi alla definizione dell’accordo di associazione dell’Ucraina all’Ue nel 2013, con la repentina marcia indietro di Viktor Yanukovich e la successiva protesta spontanea dell’Euromaidan.
Zourabichvili ha due settimane di tempo per esercitare il suo veto, evidenzia Mikhelidze. Probabilmente aspetterà il parere della Commissione di Venezia (del Consiglio d’Europa, ndr) atteso per l’inizio della prossima settimana, per incorporarlo nelle sue motivazioni. Le è infatti richiesta una spiegazione articolata. “Il Parlamento allora potrà decidere se accogliere nel loro insieme le motivazioni della Presidente o se respingerla in blocco”, non ha altre possibilità. Sogno georgiano, che aveva già proposto il provvedimento una prima volta, ha i numeri per poter superare il veto, ma non è detto che lo faccia. Non può però neanche ritirarlo, dopo aver concluso la terza lettura. “Significherebbe perdere la faccia di fronte all’elettorato, ammettere debolezza. Mancano solo cinque mesi alle elezioni. Nessuno ha voglia di forzare la mano più di tanto. Anche i manifestanti fino a lunedì chiedevano solo il ritiro del provvedimento. E’ stato solo in seguito al voto che hanno iniziato a esprimersi per le dimissioni del governo”, sostiene.
La legge è una versione più dura (include anche i media, oltre che le ong) di quella introdotta da Vladimir Putin in Russia nel 2012, inasprita da allora, passo dopo passo, per rendere più difficile la vita quotidiana alla società civile, dall’accendere un mutuo a votare. “Una volta adottata, una legge come questa, il danno è fatto. I cambiamenti poi arrivano poi piano piano”, denuncia l’analista.
Il prossimo dicembre, per poter raccomandare al Consiglio europeo il via libera all’avvio dei negoziati per l’adesione della Georgia, la Commissione dovrà valutare le 12 condizioni presentate a Tbilisi lo scorso anno, quando è stato assegnato lo status di Paese candidato all’adesione. Si tratta – precisa Mikhelidze – di richieste per rafforzare la democrazia, migliorare il sistema giudiziario, aumentare il coinvolgimento della società civile e il ruolo delle ong, per rendere la società più solida, garantire la libertà dei mass media. “Alcune di queste condizioni sono violate direttamente (dalla legge approvata dal Parlamento lunedì, ndr) altre nello spirito”. Se la legge sarà approvata, “di certo il negoziato per l’adesione non partirà. Potranno congelare il processo o ritirare lo status di Paese candidato”.
Chi sta guardando in queste ore quello che accade in Georgia “può cogliere l’occasione per fare un esame di coscienza, per pensare a come era stata descritta Euromaidan”, la piazza ucraina che aveva come unica richiesta quella, rivolta a Yanukovich, di firmare l’accordo di associazione all’Ue. Nessun partito a coordinare le proteste, così come ora a Tbilisi, dove “sul palco salgono rappresentanti della società civile, cantanti, poeti, scrittori”.
L’Ucraina ha tradizionalmente la capacità di trasformarsi senza un leader – e in questo senso non è un leader taumaturgico Volodymir Zelensky, la resilienza dimostrata dagli ucraini avviene a livello di comunità, anche in seguito grazie alla legge sulla decentralizzazione. L’Ucraina era più avanti della Georgia che è invece sempre stata associata a leader che ha demolito, dal primo Presidente eletto, a Shevadnadze, a Mikhail Saakashvili, che ha perso le elezioni nel 2012. “C’era sempre stata l’idea che servisse un leader. La piazza di questi giorni sta dimostrando che il Paese sta superando questa abitudine”.
Ma Sogno georgiano è davvero un partito filo russo? “E’ stata una operazione di soft power di Mosca eccezionale. Il partito per riavvicinare il Paese alla Russia. A Mosca hanno capito perfettamente che con posizioni esplicitamente filo russe non avrebbero vinto. Quello che era da prendere con un conflitto armato lo hanno fatto nel 2008, con la scusa di difendere le minoranze russe. Altre minoranze russe, non c’erano. Il Paese non avrebbe potuto essere invaso nuovamente. La narrazione filo russa non poteva più funzionare in Georgia ed ecco che arriva questo partito apertamente filo europeo”, riassume Mikhelidze, ricordando tuttavia che, anche se sono stati loro a firmare l’accordo di associazione con l’Ue nel 2013 e la liberalizzazione dei visti con l’Ue nel 2017, hanno anche rafforzato la presenza della Russia nell’economia del Paese, la sua dipendenza economica da Mosca, aumentato l’interscambio, riammesso i media della propaganda russa, ripristinato i collegamenti aerei diretti.
“‘Ci accusate di essere filo russi, noi abbiamo portato il Paese allo status di candidato all’adesione, siamo avanzati nel processo di integrazione’, dicono. Ma la Russia aveva chiuso un occhio anche con Yanukovich, che con l’Ue aveva potuto negoziare quattro anni. Fino agli ultimi mesi del 2013, a qualche settimana prima della firma. Ecco perché quello che accade ora a Tbilisi è così importante. Perché lo sarà nelle prossime settimane e mesi”, conclude.
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2024-05-15 16:21:09 ,