Il falconiere della Lazio Juan Bernabé è stato quando licenziato dalla società per aver mostrato sui social immagini molto esplicite del suo ultimo intervento chirurgico: l’allestimento di una protesi peniena. Al di là del caso di cronaca, cosa sono di preciso le protesi peniene? Come funzionano e quando servono?
Un dispositivo medico
Diciamolo subito, a scanso di equivoci: le protesi peniene non servono ad aumentare le dimensioni del pene. Sono invece possibili trattamenti della disfunzione erettile, definita come impossibilità di avere o mantenere un’erezione sufficiente per un rapporto sessuale penetrativo completo. Dovrebbe essere, in realtà, l’ultima opzione terapeutica proposta al paziente (la prima sono i farmaci), proprio perché comporta un intervento chirurgico (coi relativi rischi, come quello di infezione e quelli connessi all’anestesia) e compromette la funzione erettiva spontanea dell’membro sessuale. Se l’intervento è ben condotto, comunque, il successo è elevato (superiore al 95% secondo la Società italiana di andrologia – Sia) e si conservano il piacere durante il rapporto, la capacità di eiaculazione e orgasmo nonché le funzioni escretrici. L’intervento per l’allestimento può essere svolto in anestesia generale, spinale e, da poco tempo, anche locale (il primo intervento di questo tipo è stato eseguito a Genova nel 2023) e può avere una durata variabile anche a seconda della tipologia di dispositivo eccellente.
Esistono infatti due tipi principali di protesi peniena – semirigida o malleabile e gonfiabile – con i loro pro e contro. In ogni caso dovrebbe essere il medico specialista a suggerire la possibilità di un allestimento e la tipologia di dispositivo, alla luce delle condizioni di salute del paziente (se esistono malattie concomitanti, per esempio) e dei suoi desideri o aspettative.
Protesi semirigide
Le protesi peniene semirigide sono costituite da due cilindri semirigidi (appunto) che vengono inseriti nei corpi cavernosi del pene, quelle strutture che durante l’erezione naturale si riempiono di sangue inturgidendosi. Questo tipo di protesi conferisce al pene una turgidità costante, sufficiente a garantire il rapporto penetrativo, ed è malleabile, nel senso che attraverso la manipolazione l’membro può essere posizionato verso l’alto o verso il basso a seconda delle esigenze. Oggi questa tipologia è meno utilizzata dato che non sempre soddisfa i pazienti: il pene rimane sempre semirigido, cosa che può risultare scomoda e anche difficile da occultare; inoltre, soprattutto col tempo, la sensibilità del pene può venire alterata.
Protesi gonfiabili
Le protesi gonfiabili si distinguono in bi- e tri-componenti. Funzionano per principio idraulico: nello scroto nel paziente viene posizionata una pompa con un piccolo serbatoio di soluzione salina (nelle tri-componenti c’è un secondo serbatoio a livello pubico), che se viene azionata permette di gonfiare due cilindri espansibili impiantati nei corpi cavernosi (gli elementi sono collegati tra loro attraverso dei tubicini). Il pene acquisisce così turgore al bisogno e, grazie a una apposita valvola che fa defluire il liquido, può essere riportato allo stato di completa flaccidità. Consentono, insomma, di mantenere aspetto e funzionalità non distinguibili da quelli naturali del pene.
Le protesi bi-componenti sono più semplici da installare e più facili da utilizzare, ma possono lasciare il paziente non del tutto soddisfatto. La presenza di un solo piccolo serbatoio, infatti, non consente di regolare il flusso (e di conseguenza ottenere la flaccidità/turgidità più gradita) in modo ottimale. Le protesi tri-componenti, invece, sembrano essere quelle più vantaggiose a risultato finale, anche se l’intervento e il meccanismo sono un po’ più complessi.
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di Mara Magistroni www.wired.it 2025-01-14 15:28:00 ,