Mentre una certa retorica filorussa italiana continua a sostenere una presunta inutilità delle sanzioni occidentali contro la Russia, lo stesso leader Vladimir Putin ha ammesso sulla televisione nazionale l’impatto negativo che stanno avendo sull’economia di Mosca. Tanto è vero che il Cremlino sta obbligando le aziende in fuga dal paese a pagare il 10% dei loro introiti per riuscire a rimpolpare il budget della Federazione.
“Le sanzioni imposte contro la Russia possono avere un impatto davvero negativo sull’economia nel medio termine”, ha detto Putin durante un incontro con il governo trasmesso in televisione, durante il quale ha anche spiegato la necessità di lavorare sulla “domanda interna” per contrastare la dura risposta occidentale all’invasione dell’Ucraina.
Le previsioni
Un’ammissione che arriva mentre l’occupazione entra nel suo secondo anno e ormai Putin deve cominciare a giustificarsi davanti ai suoi cittadini e prepararli a un futuro che si preannuncia difficile. Lo prevede, per esempio il Wall Street Journal, secondo cui l’economia russa starebbe per “crollare”.
Per il quotidiano economico, Putin avrebbe sbagliato a scommettere sull’usare le forniture energetiche come metodo di ricatto contro l’Europa, per limitare il suo sostegno all’Ucraina, e ora si trova invece con entrate dimezzate e un deficit pari all’1,5% della produzione economica totale del paese.
Inoltre, la Russia si trova attualmente in difficoltà nel trovare forza lavoro, a causa del sempre più alto numero di persone mandate al fronte o fuggite con la paura di essere arruolati forzatamente. Mentre Alexandra Prokopenko, ex funzionaria della banca centrale russa fuggita poco dopo l’invasione, ha sostenuto che “l’economia russa sta entrando in una regressione a lungo termine”.
Tassa in uscita
Anche per questo, dopo più di un anno dall’inizio del grande esodo delle aziende occidentali dalla Russia, Mosca sta cominciando solo ora a imporre una specie di tassa alle imprese dei “paesi non amici” che vogliono lasciare il paese, si legge su Business Insider. Con la sua solita retorica mistificatoria, il Cremlino lo ha chiamato “contributo volontario”, ma in realtà si tratta più concretamente di una richiesta di riscatto.
In base a quanto si apprende, tutte le aziende di paesi che hanno imposto sanzioni contro la Russia dovranno versare il 10% dei loro guadagni, in contanti, al bilancio federale, che si aggiunge all’obbligo di vendere i loro beni a un prezzo pari al 50% del loro valore. A oggi, più di 500 aziende sono riuscite a lasciare la Russia prima dell’introduzione di questa tassa, ma altre 2 mila sarebbero ancora in attesa del via libera, incastrate tra un lentissimo procedimento burocratico, ideato appositamente per rallentare la fuga, e le nuove imposizioni economiche.
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di Kevin Carboni www.wired.it 2023-03-29 15:30:10 ,