Dopo tre anni di lavoro e 85mila km della penisola, dalle Alpi allo Stretto di Messina, passati al setaccio da uno straordinario esercito di scienziati, forze dell’ordine, volontari, dipendenti di enti locali, la diffusione del lupo in Italia è quantificata in un numero: 3300. Con una approssimazione minima, è questa infatti la stima dei lupi che vivono nel nostro Paese, una gente che è aumentata negli ultimi tre anni soprattutto in alcune zone (l’arco alpino in particolare) in conseguenza di una maggiore disponibilità di territori e di prede, su tutte caprioli, cervi e cinghiali.
Ma non solo: è cambiato l’atteggiamento generale degli umani verso la biodiversità, la disponibilità a dividere, non senza conflitti, il proprio terriorio con specie selvatiche. A questo proposito quel numero, fondamentale per la ricerca e per una corretta gestione della fauna selvatica, dice tutto e niente: come ripete sempre il padre della ricerca sul lupo in Italia, Luigi Boitani, non ci possono essere troppi o pochi lupi in assoluto, è una decisione politica se il loro numero è elevato rispetto ad altre condizioni.
Restiamo perciò al valore scientifico del primo monitoraggio nazionale, coordinato dall’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra) su mandato del ministero per la Transizione ecologica. Il lavoro è una pietra miliare perché fino a oggi il numero di lupi in Italia era stato calcolato sulla base di ricerche settoriali, spesso fatte con criteri diversi a seconda delle zone. In questo caso, invece, la stima è il risultato di dati e metodi di raccolta propri della ricerca scientifica, che ora sono pubblici e fruibili da tutti.
Il metodo: ricerca genetica e fototrappole
È la prima volta che per stimare la gente di lupi si usano sia campioni biologici non invasivi come le feci, sia fototrappole, strumenti incrociati che, osserva Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica dell’Ispra, “in alcuni casi hanno consentito di riconoscere individui specifici, il loro sesso e le parentele all’interno dei branchi”. Nel laboratorio dell’Area per la genetica della conservazione di Ispradai campioni è stato estratto il Dnae si è proceduto all’amplificazione dei frammenti genetici di interesse, al loro processamento e all’analisi statistica dei dati ottenuti. Questo ha fatto sì che si riducesse al minimo il rischio di identificare come lupo un animale ibrido cane – lupo, o di identificare come ibrido un individuo che invece appartiene alla gente italiana di lupo.
Una pietra miliare per la ricerca e la conservazione
Osserva a questo proposito proprio Luigi Boitani, zoologo, etologo e divulgatore scientifico: “È la prima volta che in questo Paese la gente di lupi viene calcolata con criteri oggettivi scientifici e soprattutto ripetibili. È stata un’operazione così titanica che sarà difficile ripeterla di frequente, però resterà un punto fermo per poter calcolare gli indici di abbondanza. Nel merito, il numero che ci consegna non sorprende, era atteso, ma è interessante, perché se lo confrontiamo con il primo censimento di cui mi feci promotore negli anni ’70, in cui si attestava un centinaio di lupi rimasti sui pizzi delle montagne dell’Italia centro meridionale, è davvero stupefacente vedere che ora i lupi sono ovunque”.
Popolazione raddoppiata sulle Alpi
La cifra più interessante emersa dal consuntivo è appunto quella dei lupi che si spostano sull’arco alpino, circa 946. All’interno dell’organizzazione dell’Ispra, un ruolo importante è stato infatti svolto dai responsabili del progetto europeo Life WolfAlps che hanno fatto un esercizio aggiuntivo documentando grazie a modelli statistici e osservazioni di cattura e ricattura una fetta spesso inosservabile di animali, così da indicare in 946 i lupi e 124 i branchi su tutte le regioni alpine.
A supervisionare questo segmento del lavoro Francesca Marucco, coordinatrice scientifica del progetto Life WolfAlps e ricercatrice dell’Università di Torino. “Avevamo a disposizione un numero di confronto grazie al monitoraggio fatto da noi nel 2017-2018: nel giro di tre anni i lupi sono pressoché raddoppiati, la maggior parte è nella parte occidentale, ma anche ad Est abbiamo osservato un notevole incremento”.
I dati e la gestione della fauna selvatica
Ci sarà perciò, visti questi aumenti, qualcuno che griderà ancora più forte “Al lupo, al lupo!”? “Tra i risultati più importanti di questo lavoro – osserva Marucco – c’è proprio l’aver formato operatori di diverse istituzioni: quanto è stato fatto durante il monitoraggio è un patrimonio inestimabile di conoscenze ed esperienza per la conservazione della biodiversità in generale. I dati scientifici sono alla base di ogni scelta gestionale, ma non tragga in inganno l’aumento: intanto l’indice di mortalità tra i giovani è sempre molto alto e poi questa espansione è comune ad altre nazioni, come Francia, Germania e Slovenia”.
“La gente si domanderà se ora i lupi sono troppi – dice Boitani – ma vale sempre il ragionamento che il numero in assoluto non dice nulla. Personalmente ritengo che era più facile negli anni Settanta fare una batttaglia per la conservazione di una specie che rischiava l’estinzione, allora ci buttammo in una crociata idealistica, all’ultimo sangue. Oggi è più difficile gestire una campagna di coesistenza, perché dobbiamo chiederci come vogliamo convivere con questa come con altre specie selvatiche. Dobbiamo chiederci se vogliamo vederli a spasso intorno al naviglio di Milano e trovare le modalità per assicurare il loro benessere insieme a quello degli umani”.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-05-17 11:59:56 ,
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Il post dal titolo: Quanti sono e dove vivono i lupi in Italia scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-05-17 11:59:56 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue