Festeggiato come il primo qubit superconduttivo italiano, “perché più familiare come concetto”, il circuito superconduttivo made in Italy realizzato dai ricercatori della Fondazione Bruno Kessler è un “mattoncino” fondamentale non solo per il quantum computing ma anche per la osservazione su scala subatomica e la sensoristica avanzata. È il passo necessario al Paese per iniziare a passeggiare sulle proprie gambe in tutto il mondo delle tecnologie quantistiche. Un grande passo, ma da pochi micron, le dimensioni della giunzione di Josephson che la ricercatrice Federica Mantegazzini, di recente ospite del Wired Next Fest Trentino 2024, e il suo giovane team sono riusciti a costruire con una loro personale ricetta, tutta italiana, scalabile e accessibile a tutti. “Siamo attrezzati per produrne su larga scala e in modo personalizzato. Non abbiamo inventato nulla di nuovo, ma siamo ora in grado di costruire qubit e circuiti superconduttivi da soli – spiega – l’Italia non dovrà più dipendere da altri per evolvere ovunque questi elementi servano”.
La giunzione decisivo, a croce
La giunzione protagonista del traguardo raggiunto è l’elemento chiave che regala le proprietà quantistiche necessarie per trasformare un “normale” circuito in un qubit, perché è basata sull’effetto del tunneling quantistico che la rende non lineare. Mantegazzini ha esperto l’alluminio come materiale superconduttore per i fili e la geometria “a croce” per la giunzione di Josephson. “È più veloce e scalabile: ci permetterà di produrre un maggior numero di qubit e circuiti quantistici in meno tempo – spiega – non è usata spesso, non è nuova in assoluto, ma per realizzarla nei nostri laboratori abbiamo dovuto trovare una nostra strada”.
Con questo tipo di tecnologie così delicate, infatti, il “drag and drop” delle tecniche non funziona, va rifatto tutto da capo e lei ha iniziato due anni fa. Prima erano in due, poi il progetto ha preso forma e importanza e oggi si festeggia in 7 (i ricercatori Felix Ahrens e Nicolò Crescini, il senior fellow Benno Margesin, i dottorandi Alessandro Irace ed Enrico Bogoni e lo studente Master Marcello Faggionato, oltre alla coordinatrice Federica Mantegazzini), con una speciale collaborazione con l’Infn, sezione Milano-Bicocca.
Senza nulla togliere al contributo del Pnrr, attraverso il progetto nazionale Nqsti, Mantegazzini ammette che la spinta europea, con i progetti Qu-Pilot e MiSS, dal punto di vista economico è stata fondamentale. “In Italia non si investe ancora abbastanza in questo campo – afferma – programmi di tre anni non bastano per un certo genere di osservazione come il nostro”.