Un caos come non si vedeva da trent’anni. E insospettabili parlamentari che in gran segreto nascondono in tasca un rispettoso santino di Sergio Mattarella con l’aureola (“Ovunque Proteggimi”). Così oggi, con il primo scrutinio previsto per le 15, si apre alla Camera dei deputati il sipario sulla quattordicesima elezione del presidente della Repubblica, l’ultima prima che il taglio dei parlamentari finirà per dimezzare la platea dei grandi elettori. E una cosa già si sa per certo: non durerà un giorno, come fu per Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi, eletti al primo colpo. Per oggi, il Pd ha già annunciato che voterà scheda bianca, e in assenza di cambi di rotta dell’ultimo minuto anche gli altri partiti faranno lo stesso.
L’evento clou della giornata sarà l’incontro tra il segretario dem Enrico Letta e il leader leghista Matteo Salvini: il tentativo è quello di cominciare a ragionare di un nome comune, posto che come s’è visto nel weekend nessuno dei candidati cosiddetti di parte sembra possedere lo standing sufficiente al colpo d’ala. Il clamioroso ritiro di Silvio Berlusconi, sabato pomeriggio, ha come tolto forza a tutti gli altri nomi possibili, soprattutto di centrodestra. L’aleggiare della figura della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati fa del resto sbiancare figure di buon senso come il dem Walter Verini. E non cresce nemmeno Pier Ferdinando Casini, le cui quotazioni erano salite nel borsino nel weekend per poi sgonfiarsi la domenica sera come un soufflè, incastrando l’ex presidente della Camera tra il «non è il nostro candidato» del leader del Carroccio e le perplessità anche nel Pd dove si immagina che, visto il curriculum, Casini finirebbe per sostenere un disegno neocentrista, e per di più a matarice renziana. La candidatura più quotata, per dire del clima inedito, è quella di Elisabetta Belloni, la capa dei servizi segreti: ed è subito fiction sudamericana.
L’assenza di una strategia, e anche di qualcuno in grado di guidare il gioco s’è vista plasticamente ieri, quando i 1008 parlamentari e delegati regionali sono affluiti a Roma, per le prime riunioni: come effetto immediato la trasformazione della zona di Montecitorio in una specie di suk a cielo aperto, dove a ogni angolo sbatti contro ministri, ex ministri, vicesegretari.
I primi a riunirsi per poi sciamare per le strade del centro sono stati i parlamentari dem: riunione ordinaria, senza colpi di scena, una voglia di sostenere Draghi che risulta al momento poco concretizzabile. «Enrico Letta ha dato a Roberta Pinotti la terna vera, ma le ha detto: non dirla a Orlando!», scherza il ministro del Lavoro Andrea Orlando, sbucato dietro una porta della Camera in compagnia dell’ex ministra Pinotti e del vice segretario Peppe Provenzano. All’ora dell’aperitivo c’era stato il punto della Lega, il cui capo, Matteo Salvini, continua a dare l’impressione di giocare con due mazzi di carte: peccato non si capisca se sia lui a gestire quest’ambiguità, o se sia il doppio gioco a dominare su di lui (come già ai tempi del Papeete, nell’agosto 2019).
A tarda sera le anime vaganti dei parlamentari a Cinque stelle, che il leader Giuseppe Conte – sempre traballante – ha provato a tenere insieme giocando al cerchio-bottismo tra il nì a Mario Draghi e il nì a un candidato del centrodestra purché (ci mancherebbe) autorevole e immacolato, e già così mettendo in crisi i risultati dell’incontro celebrato in mattinata con Letta e Speranza, gli alleati di centrosinistra.
Il capitombolo è dietro l’angolo. E lo spettacolo è appena cominciato.
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di Susanna Turco
espresso.repubblica.it
2022-01-24 14:49:00 ,