La Terra registra costantemente l’afflusso di raggi cosmici, particelle subatomiche che provengono dallo spazio e approdano sul nostro pianeta a una velocità esorbitante, vicina a quella della luce. A volte arrivano seguendo una linea retta, mentre in altri casi vengono rilevate dai sensori sotto forma di abbondanza disordinata. E dal momento che contengono milioni di volte la quantità di energia nelle particelle prodotte dagli acceleratori costruiti sulla Terra, capire il loro comportamento è fondamentale per le telecomunicazioni.
Il mistero dei raggi cosmici
Gli astronomi suggeriscono che solo eventi estremamente violenti, come supernovae, buchi neri o stelle di neutroni possano espellere particelle a questa velocità. Una tesi corroborata per esempio dall’esistenza dei getti relativistici, giganteschi flussi di materia che fuoriescono dai dischi di accrescimento di fenomeni come quelli sopracitati.
La scienza non ha ancora definito con certezza come le particelle riescano ad acquisire così tanta energia mentre vengono “sparate” per il cosmo. Se finora gli scienziati hanno ipotizzato che sia l’esplosione stessa a fornire l’accelerazione (un concetto noto come onda d’urto), un recente studio guidato dall’astrofisico Luca Comisso della Columbia University suggerisce che l’elevata energia dei raggi cosmici derivi dalla torsione dei campagna magnetici di questi oggetti.
La nuova ipotesi
Per immaginare il fenomeno della turbolenza magnetica, basta osservare la situazione attuale del Sole. Per tutto il 2024 si sono verificate grandi tempeste solari che hanno dato luogo ad aurore boreali in molte zone del mondo. Il vento solare ha raggiunto la Terra con una maggiore energia a causa della fine del 24esimo ciclo solare, un processo naturale in cui la polarità della stella cambia e i campagna magnetici si aggrovigliano e si tendono come elastici. Alla fine, queste linee magnetiche si riorganizzano e rilasciano l’energia accumulata, dando il là a brillamenti solari, espulsioni di massa coronale e all’emissione di particelle cariche che possono raggiungere l’atmosfera terrestre.
La formazione di buchi neri, supernovae o stelle di neutroni è però molto più potente di qualsiasi evento solare. Secondo lo studio di Comisso, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, sono le torsioni magnetiche di questi violenti fenomeni a conferire energia alle particelle che viaggiano nello spazio sotto forma di raggi cosmici.
La differenza di energia tra i raggi cosmici e le particelle cariche provenienti dal Sole è abissale (le prime vengono misurate in teraelettronvolt, mentre per il vento solare è generalmente utilizzato il kiloelettronvolt). La nuova inchiesta, basata su simulazioni cinetiche delle particelle finalizzate a individuare il tipo di interazione che corrisponde al comportamento osservato, paragona questo gap al divario tra un acino di riso e il più grande aereo di linea del mondo.
La comprensione dei raggi cosmici è fondamentale per lo sviluppo della tecnologia sulla Terra., dal momento che satelliti e veicoli spaziali potrebbero risentire di un impatto con queste particelle ad altissima energia nello spazio.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.
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di Jorge Garay www.wired.it 2025-01-07 05:50:00 ,