Le due ex sindache di Roma e Torino: «l’opzione donna» per la leadership si affaccia tra le ipotesi allo studio di Beppe Grillo per uscire dal pantano dopo lo stop a Conte
«Amiche mai», sintetizzano quelli che giurano di conoscerle bene entrambe, le due protagoniste «local» del Movimento Cinque Stelle dei bei tempi andati, rimando nostalgico all’epoca gloriosa in cui il successo nelle urne nazionali veniva accompagnato dalle clamorose conquiste delle Capitali d’Italia del passato remoto e del presente, Torino e Roma. E adesso che «l’opzione donna» per la leadership si affaccia tra le ipotesi allo studio di Beppe Grillo per uscire dal pantano di carte bollate che ha portato alla destituzione di Giuseppe Conte
, tutti tornano a guardare verso di loro.
Loro sono Virginia Raggi e Chiara Appendino, le «amiche mai», due rette parallele che parevano destinate a non incontrarsi. Roma di qua, Torino di là; lo studio Previti dove si è fatta le ossa la prima da una parte, la Juventus, dov’era professionalmente cresciuta la seconda, dall’altra; gli studi di Diritto della prima, la laurea in Economia internazionale e management della seconda. Gelida e diffidente l’una, decisamente più empatica l’altra, Raggi e Appendino sono state divise da un destino che ha sorpreso tutti i loro compagni di strada del Movimento e forse, nel bene e nel male, anche loro stesse. Nell’efficace sintesi di un grosso calibro del gotha grillino, «all’improvviso è successo quello che nessuno di noi aveva messo in preventivo: abbiamo pensato per anni che la poltrona da primo cittadino avrebbe portato Virginia a una condanna in primo grado e invece è finita che la condanna è arrivata per Chiara».
Quella condanna in primo grado per falso in atto pubblico che aveva spinto l’allora sindaca di Torino a non ricandidarsi per un secondo mandato; cosa che invece Raggi ha fatto a Roma, arrivando addirittura fuori dal podio. Il 25 ottobre scorso, poco prima delle elezioni amministrative, eccole insieme in uno dei rari momenti trascorsi fianco a fianco, corredati dall’immancabile foto pubblicata sui social. «Credo che quello con Virginia sia stato il primo pranzo senza guardare l’orologio», annotava Appendino. «Un’occasione per confrontarci e parlare anche di tanti progetti per il nostro futuro», aggiungeva Raggi. Le condanne in primo grado della prima, al momento, sembrano sbarrarle la strada della possibile leadership pentastellata a cui ambisce la seconda, decisamente più popolare nel popolo del M5S che nel Palazzo.
Nella guerra di nervi contro Giuseppe Conte, iniziata dopo lo scontro sulla candidatura al Quirinale di Elisabetta Belloni, Luigi Di Maio le ha coinvolte entrambe; Raggi incontrandola alla Farnesina, Appendino sentendola per telefono e dandone notizia alla stampa. L’ex sindaca di Roma ha la stima di Beppe Grillo, un legame antico con Alessandro Di Battista (che oggi è fuori dal Movimento), un rapporto stretto con alcuni calibri del Movimento che non vivono a Roma (l’europarlamentare Dino Giarrusso era stato invitato a salire sul palco nel comizio finale della sua campagna elettorale per le Comunali di Roma, alla Bocca della Verità); l’ex prima cittadina di Torino, che sta alla finestra, ha una rete di rapporti interni al Cinque Stelle ugualmente consolidata e la stima di Giuseppe Conte, che l’ha voluta nella segreteria nazionale poi decaduta appresso alla sua leadership. Entrambe, come base d’asta, sognavano e sognano di proseguire in Parlamento la carriera istituzionale interrotta nell’autunno scorso (anche se Raggi è consigliera comunale di Roma). La storia dei prossimi giorni potrebbe prevedere, chissà, un salto in avanti. L’«opzione donna» è una formula che passa di bocca in bocca. Anche se l’uscita dal tunnel non s’intravede. Neanche all’orizzonte.
10 febbraio 2022 (modifica il 10 febbraio 2022 | 22:54)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tommaso Labate , 2022-02-10 21:39:05
www.corriere.it