Al di là di questi (cruciali) aspetti, è importante segnalare come, in maniera a volte contraddittoria, Kurzweil non riponga le sue promesse per il futuro nell’avvento di una superintelligenza artificiale, ma nella fusione dell’essere umano con le intelligenze artificiali, che creerà – fondamentalmente – una nuova specie.
In un certo senso, tutto ciò sta già avvenendo: se pensiamo al nostro rapporto – per esempio – con ChatGPT, più che una rivalità dovremmo vedere una forma di collaborazione, che diventerà sempre più costante e in cui possiamo sfruttare al massimo la complementarità tra le abilità nostre (astrazione, buon senso, generalizzazione, ecc.) e delle macchine (capacità di calcolo, individuare correlazioni in un mare di dati, ecc.). In un certo senso, già oggi siamo fusi con le intelligenze artificiali e soprattutto con internet. E questo processo è sicuramente destinato a seguitare.
Ma seguitare per arrivare fino a dove? “La nanotecnologia farà sì che queste tendenze arrivino al culmine ed estendano direttamente il nostro cervello con strati di neuroni virtuali nel cloud. In questo modo, ci fonderemo con l’AI e aumentermo noi stessi con una potenza di calcolo milioni di volte superiore a quella che ci ha dato la nostra biologia. La nostra intelligenza e la nostra coscienza si espanderanno e si approfondiranno in una misura che è difficile da comprendere. Questo evento è quello che chiamo la Singolarità”.
L’idea, molto poco dettagliata, è quella di connettere la nostra corteccia frontale con un cloud, all’interno del quale vive una superintelligenza artificiale. Tutto ciò dovrebbe avvenire, sempre secondo le previsioni di Kurzweil, entro il 2045, ma per il momento è più una suggestione fantascientifica di quanto sia qualunque altra cosa. Poniamo però che Kurzweil ne indovini un’altra (e questa previsione non finisca invece nell’elenco di quelle sbagliate), che cosa ce ne faremo di tutto ciò? “Quando potremo accedere a un ulteriore neocorteccia nel cloud, il salto nell’astrazione cognitiva [avrà come risultato] l’invenzione di mezzi di espressione enormemente più ricchi rispetto a quelli possibili con l’arte e la tecnologia di oggi, più profondi di quanto oggi possiamo immaginare”.
Chissà se davvero la Singolarità – per raggiungere la quale Kurzweil descrive tecnologie fantascientifiche (tra cui microscopici nanobot che si insinuano nel cervello attraverso i capillari) come se fossero qualcosa a portata di mano – ci porterà là dove lui immagina, se si rivelerà un evento esaurientemente diverso o se, umilmente, non si verificherà mai. Quel che è certo è che queste pagine di sfrenato ottimismo tecnologico, che un tempo ci facevano sognare, oggi possono assumere un sapore molto diverso. Il sapore amaro di una visione utopistica e fantascientica, che sembra guardare a un inevitabile futuro radioso senza mai porsi il dubbio di star indossando dei paraocchi.
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di Andrea Daniele Signorelli www.wired.it 2024-09-25 13:30:00 ,