Referendum: dal sì di Lega e Fi al no di M5S e Pd (ma con libertà di voto), maggioranza spaccata sulla giustizia

Referendum: dal sì di Lega e Fi al no di M5S e Pd (ma con libertà di voto), maggioranza spaccata sulla giustizia

Referendum: dal sì di Lega e Fi al no di M5S e Pd (ma con libertà di voto), maggioranza spaccata sulla giustizia



I referendum sulla giustizia si avvicinano. Il prossimo 12 giugno si volterà non solo per le amministrative ma anche su cinque quesiti: riforma del CSM, equa valutazione dei magistrati, separazione delle carriere dei magistrati sulla base della distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti, limiti agli abusi della custodia cautelare, abolizione del decreto Severino. I partiti hanno iniziato a mettere le loro truppe in campo, con schieramenti a volte trasversali che spaccano maggioranza e coalizioni.

Chi è a favore

A favore dei quesiti ci sono i Radicali e la Lega (che hanno raccolto le firme), ma anche Forza Italia è con convinzione a favore del sì sui cinque quesiti, essendo le materie (soprattutto il no alla legge Severino e la separazione delle carriere) una vecchia battaglia di Silvio Berlusconi e dei moderati del centrodestra (come Coraggio Italia). Ma su questa posizione sono anche i partiti centristi provenienti dall’area di centrosinistra: Italia Viva di Matteo Renzi (che ha firmato i referendum, in nome della lotta al «corporativismo dei magistrati e delle correnti») e Azione di Carlo Calenda (in base alla convinzione che la «presunzione d’innocenza va affermata ogni giorno e il carcere prima della condanna definitiva è una misura eccezionale, non la regola», come ha spiegato il vicesegretario di Azione Enrico Costa).

Chi è contrario

Per il no è il Movimento 5 stelle: «I quesiti referendari sulla giustizia offrono una visione parziale. Siamo orientati a respingerli», ha detto il presidente del M5S Giuseppe Conte. Più articolata la posizione del Partito democratico, dove il segretario Enrico Letta è per il no, ma poiché una parte del partito è invece per il sì, resta la libertà di voto: «Io penso che una vittoria dei sì aprirebbe più problemi di quanti ne risolverebbe», ha detto Letta, aggiungendo però: «Il Pd non è una caserma, c’è la libertà dei singoli che resta in una materia come questa». Anche perché la pattuglia per i sì (su tutti o parte dei quesiti) comprende sia alcuni esponenti degli ex renziani di Base riformista (come Stefano Ceccanti, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e Andrea Marcucci) sia esponenti della sinistra del partito (come Massimiliano Smeriglio e Goffredo Bettini). Nel centrosinistra, Liberi e Uguali, invece, non ha ancora preso una posizione ufficiale.

Fratelli d’Italia

E se (osservano i critici) ad avvicinare Matteo Salvini alle posizioni garantiste dei Radicali possono aver pesato le sue recenti vicende giudiziarie, Fratelli d’Italia è restata più fedele alle tematiche della destra nazionale e non ha dato il sostegno convinto a tutti e cinque i quesiti: il partito è per il sì su separazione delle carriere dei magistrati, equa valutazione dei magistrati e riforma del CSM. Voterà no, invece, su abolizione della legge Severino e sui maggiori limiti alla custodia cautelare. «La proposta referendaria sulla carcerazione preventiva – ha spiegato la leader Giorgia Meloni – impedirebbe di arrestare spacciatori e delinquenti comuni che vivono dei proventi dei loro crimini. La legge Severino deve essere profondamente modificata per le sue evidenti storture, ma la sua totale abolizione significherebbe un passo indietro nella lotta senza quartiere alla corruzione».



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