di Kevin Carboni
Per l’Associazione Luca Coscioni, le motivazioni della Corte costituzionale dietro al giudizio di inammissibilità dei referendum su cannabis e eutanasia confermano una scelta “pienamente politica che va contro la Costituzione”. La Consulta ha finalmente depositato le sentenze che giustificano il rifiuto dei due quesiti referendari, nelle quali, secondo l’associazione, vengono anche sconfessate le dichiarazioni fatte dal presidente Giuliano Amato durante la sua conferenza stampa del 16 febbraio.
L’inammissibilità del referendum sul fine vita
Sul fine vita, la Consulta ha descritto l’articolo 579, che punisce l’omicidio del consenziente, come “costituzionalmente necessario”. Tuttavia, secondo Marco Cappato e Filomena Gallo, tesoriere e segretaria dell’associazione, l’articolo 579 non può essere considerato in questo modo, perché si tratta di una norma che “non è mai stata applicata se non in rarissimi casi che si contano sulle dita di una mano, a fronte di centinaia di persone che ogni giorno affrontano gravi malattie e sofferenze”.
Inoltre, il fine vita non è citato nemmeno indirettamente tra le materie escluse dalla possibilità di referendum dall’articolo 75 della Costituzione. Quindi, con la sua decisione la Corte avrebbe assestato “un ulteriore illegittimo colpo al diritto costituzionale del popolo sovrano di poter ricorrere con successo all’istituto del referendum”, si legge nel comunicato diffuso dall’Associazione.
Nelle motivazioni depositate dalla Corte, non vengono poi incluse le questioni sollevate da Amato durante la conferenza stampa del 16 febbraio. Infatti, il titolo della campagna politica “eutanasia legale”, criticato dal presidente , non ha “alcun rilievo ai fini del giudizio di ammissibilità”, perché il titolo del referendum “omicidio del consenziente” era stato deciso dalla Corte di cassazione. Infine, l’esempio usato da Amato per giustificare la decisione della Corte, sulla legalizzazione dell’omicidio di una persona consenziente “che ha un po’ bevuto”, non descrive la realtà dei fatti, in quanto il referendum non avrebbe abolito le pene previste per chi commette un “omicidio volontario” contro una persona in condizioni di deficienza psichica “per abuso di sostanze alcoliche”.
L’inammissibilità del referendum sulla cannabis
Mentre sulla cannabis, la Corte ha riconosciuto che “indirettamente” il quesito si riferiva alla cannabis, sconfessando le dichiarazioni di Amato secondo cui la pianta non sarebbe stata inclusa nel referendum e confermando la differenza tra “piante” e “sostanze” indicata dal quesito. Tuttavia, i giudici della Consulta hanno sostenuto come il referendum avrebbe concesso la coltivazione delle cosiddette “droghe pesanti” e sarebbe andato in contrasto con le convenzioni internazionali e con la disciplina europea in materia.
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2022-03-03 11:56:37