Il 12 giugno oltre 50 milioni di elettori italiani sono chiamati ad esprimersi su 5 quesiti referendari, promossi dai radicali e dalla Lega. E il 15 giugno, quando l’esito sarà ormai certo, il Senato esaminerà la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario presentata dalla Guardasigilli Marta Cartabia e oggetto di una lunga trattativa. Due percorsi paralleli che ora si incrociano. Gli italiani sono chiamati ad esprimersi sulla legge Severino, le misure cautelari, la separazione delle carriere e le valutazioni dei magistrati, e le candidature per il Csm.
Incognita quorum
Questi ultimi tre quesiti si sovrappongono al pacchetto Cartabia. Non per questo secondo i promotori la consultazione è priva di significato. E il risultato cui si guarda è soprattutto l’affluenza: il referendum abrogativo per essere valido richiede la partecipazione della metà più uno degli aventi diritto al voto. Un obiettivo, quello del quorum, niente affatto scontato. La Lega si gioca molto in questa consultazione e negli ultimi giorni ha iniziato un battage contro quella che il segretario Matteo Salvini ha definito una “censura” mediatica. “Per rompere il muro di silenzio” il senatore leghista Roberto Calderoli ha annunciato che digiunerà “finché resterò in piedi”: una protesta non violenta sull’esempio di Marco Pannella. Ecco in sintesi cosa chiedono i quesiti.
Incandidabilità e decadenza
Il referendum numero 1, contrassegnato dalla scheda rossa, riguarda l’abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. In sostanza, chiede agli elettori se intendono eliminare le disposizioni introdotte nel 2012, con la legge promossa dall’allora ministra della Giustizia Paola Severino, che prevedono l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per chi è stato condannato in via definitiva per alcuni tipi di reato, dalla mafia al terrorismo a quelli contro la pubblica amministrazione. Tali norme si applicano alle competizioni elettorali di ogni tipo, dal parlamento alle amministrazioni locali. Con il sì invece si cancella l’automatismo: dovrà essere il giudice, di volta in volta, a decidere se, in caso di condanna, occorra infliggere anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Chi si oppone ritiene che non vada abrogato un testo che rappresenta il più ampio intervento in materia di lotta alla corruzione degli ultimi anni.
Custodia cautelare
Il quesito numero 2 (scheda arancione) interviene sulla limitazione delle misure cautelari, con l’abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari ed esigenze cautelari, in un processo penale. Allo stato, la carcerazione preventiva può essere disposta nei casi in cui venga ravvisato un possibile rischio di inquinamento delle prove in un’inchiesta, di fuga di chi è sottoposto a indagine e il “concreto ed attuale pericolo” di reiterazione del reato. Il quesito referendario proposto, interviene su quest’ultimo aspetto, chiedendo di limitare i casi in cui può essere disposta la misura cautelare per rischio di reiterazione. Chi sostiene le ragioni del ’Sì’ intende abrogare l’ipotesi di reiterazione per alcuni reati che prevedono pene minori e per il reato di finanziamento illecito dei partiti. Chi è per il no sottolinea che il codice già prevede dei limiti, poiché il carcere come misura cautelare è possibile per reati che prevedono la reclusione non inferiore a cinque anni.
Separazione carriere
Con la scheda di colore giallo (referendum numero 3) gli elettori sono chiamati ad esprimersi sulla separazione delle funzioni dei magistrati. Il quesito chiede l’abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono a un magistrato di passare dalle funzioni di pubblico ministero a quelle di giudice, e viceversa. Al momento sono possibili quattro passaggi di funzione nell’arco della carriera. Sulla materia interviene anche la riforma della ministra della Giustizia Marta Cartabia all’esame del Parlamento, riducendo a uno soltanto, entro 10 anni dalla prima assegnazione. Il referendum punta a rendere la scelta definitiva: se passa il Sì, il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo per tutta la carriera, con l’obiettivo di distinguere nettamente chi giudica da chi accusa. Un tema complesso, di cui la politica ha discusso a lungo. Chi è per il No sostiene che così si introdurrebbe di fatto la separazione delle carriere ( per la quale ci vorrebbe un concorso di accesso alla magistratura distinto per giudici e pm e un doppio Csm) senza modificare la Costituzione.