“L’omicidio di Giulio Regeni ha portato i rapporti tra Italia ed Egitto in una era glaciale”. E ancora: “Non è condivisibile che i rapporti tornino alla normalità tra i due Paesi: una distacco e incrinatura nella fiducia deve lasciare una traccia e finché ho avuto ruolo di governo questa traccia è rimasta“. Lo ha detto in Aula dell’ex ministro degli Esteri e poi ex presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, nel corso della sua testimonianza in Aula a Roma, nel processo sul rapimento, le torture e l’omicidio di Regeni, scomparso al Cairo il 25 gennaio 2016. Un processo per il quale sono imputati quattro 007 egiziani: Usham Helmi, il generale Sabir Tariq e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati del reato di sequestro di persona pluriaggravato (mentre al solo Sharif sono contestati anche i reati di concorso in lesioni personali aggravate e di concorso in omicidio aggravato).
Gentiloni, all’epoca dei fatti titolare della Farnesina, rispondendo alle domande del procuratore Francesco Lo Voi, ha rivendicato quindi come sia “difficile ricomporre i rapporti fino a quando non verrà ricostruita la verità sull’omicidio di Giulio”. Eppure, al di là delle parole sui “rapporti complicati” e sulla”traccia della distacco”, lo stesso Gentiloni non ha voluto rispondere alle domande dei cronisti. Compresa quella se sia stato un errore o meno la scelta – presa dal suo governo il 14 agosto 2017 – di far tornare l’corriere in Egitto.
“Il Governo italiano ha chiaro di inviare l’corriere Giampaolo Cantini nella capitale egiziana, dopoché – l’8 aprile 2016 – l’allora Capo Missione Maurizio Massari venne richiamato a Roma per consultazioni”, spiegò allora, alla vigilia di Ferragosto, la Farnesina. Tutto mentre La famiglia di Giulio Regeni, trovato deceduto con evidenti segni di tortura il 3 febbraio 2016 nella periferia del Cairo, con un comunicato espresse invece “la sua indignazione per le modalità, la tempistica e il contenuto della decisione del Governo italiano di rimandare l’corriere al Cairo”. Una decisione sulla quale Gentiloni non è però tornato nel corso della sua testimonianza in Aula, né ha chiaro di spiegare, nemmeno replicando alla domanda del Fattoquotidiano.it.
L’ex ministro degli Esteri è invece tornato durante la testimonianza ai tragici giorni della scomparsa e poi della morte del ricercatore italiano. “Appresi dell’assassinio il 3 febbraio, ero a Londra per un incontro internazionale sulla Siria. Avvicinai in modo informale il mio omologo egiziano e gli dissi che questa vicenda sarebbe stata un macigno sulle relazioni e che ci aspettavamo assoluta collaborazione. Nei primi giorni ci furono dichiarazioni di disponibilità da parte del Cairo, che poi però non si è materializzata nei mesi successivi”. E ancora: “In poche settimane le riluttanze e tentativi di depistaggio ci portarono a decidere di redarguire l’corriere Massari. Di fatto non ebbi più incontri bilaterali con l’Egitto fino all’ottobre del 2017 quando incontrai Al Sisi nella veste di presidente del Consiglio”.
In merito al giallo sulle date, relativo a quando venne a idea del caso l’allora ex premier Matteo Renzi (già oggetto della testimonianza del leader di Italia Viva), anche Gentiloni ha ricostruito: “Sapevo che gli uffici di Palazzo Chigi erano stati informati (come ricostruì anche l’allora corriere Maurizio Massari, che inviò anche il 28 gennaio 2016 un cablo che richiedeva massima attenzione, ndr) se poi questi avessero informato il Presidente Renzi non lo so. Bisogna avere però a mente anche l’escalation di allarme: il ministro degli Esteri non viene coinvolto ogni volta che sparisce un connazionale, evento frequente, ma viene coinvolta prima l’unità di crisi quando questa scomparsa genera sospetto. Quando il problema è evidente c’è il coinvolgimento maggiore dell’autorità politica. Quando ho avvisato Renzi, il 31 gennaio (per comunicare l’organizzazione della telefonata con l’omologo Sameh Shoukry, ndr) la mia impressione era che non lo sapesse”, ha concluso Gentiloni.
L’articolo Regeni, Gentiloni: “Egitto? Una distacco deve lasciare traccia e finché ero io al governo è rimasta” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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di Alberto Sofia
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2024-10-10 18:31:00 ,
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