Sono poco più di un milione, su un totale di 7,2, gli studenti che nel corso dell’anno scolastico 2020/2021 hanno scelto di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Si tratta del 14,07%, un dato in crescita rispetto al 12,9% del 2018/19 e al 13,53% dell’annata successiva. Il dato arriva dal ministero dell’Istruzione, che lo ha fornito all’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti) e a OnData, associazione impegnata sul fronte degli open data e promotrice della campagna #DatiBeneComune.
Proprio nello spirito della campagna nata nel 2020 per la liberazione dei dati relativi alla pandemia da Sars-CoV-2, i due sodalizi hanno deciso di rendere disponibili le informazioni ottenute dal ministero tramite una richiesta di accesso civico agli atti. Numeri che appunto dicono di come uno studente su sette esca dall’aula quando entra l’insegnante di religione. Una scelta che tra l’infanzia e le primarie riguarda solo il 10% degli studenti, che salgono intorno al 13 alle secondarie di primo grado e arrivano fino al 19% negli istituti superiori. Questo grafico riassume la situazione su base regionale.
Nel grafico mancano le province di Aosta, Trento e Bolzano: si tratta di regioni autonome, che appunto gestiscono in autonomia questi dati e che quindi il ministero non ha fornito. Lo stesso avvenne quando Wired ottenne, sempre grazie a una richiesta di accesso civico, i dati sui contagi da Sars-CoV-2 nelle scuole italiane. Per ottenere i dati sulla Valle d’Aosta, fu necessario rivolgersi direttamente alla regione autonoma.
Tornando al grafico, come si può vedere è la Toscana la regione con la più alta percentuale di studenti che non frequentano l’ora di religione: si arriva a uno su quattro. Al contrario, la Basilicata è quella dove l’incidenza di chi sceglie le attività alternative è la più bassa, ferma al 2,57%. Si tratta di appena un alunno su 40. Più in generale, anche l’insegnamento della religione cattolica è uno di quei temi che divide il paese in due. Ma quali sono le ragioni che stanno dietro a queste scelte?
Effetto culturale
Una prima ipotesi è legata al fatto che si tratti soprattutto di studenti che semplicemente scelgono di non frequentare le lezioni di religione cattolica perché ne professano un’altra. Per verificarla, Wired ha incrociato la percentuale di chi sceglie le attività alternative con quella dei residenti stranieri in un range di età compresa tra i 3 ed i 19 anni.
Certo, non tutti gli stranieri arrivano da paesi dove il cattolicesimo non è diffuso: si pensi per esempio al Sud America o alle Filippine. Allo stesso modo i figli di immigrati che abbiano preso la cittadinanza italiana (secondo Istat nel solo 2020 si è trattato di 132mila persone) hanno cambiato passaporto, non credo religioso.
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di Riccardo Saporiti www.wired.it 2022-06-12 05:00:00 ,