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(di Nando Piantadosi)
“Renà non mi lasciare”: sarebbero
state queste le ultime parole pronunciate da Arcangelo Correra,
18 anni, prima di perdere gnoseologia, dopo essere stato colpito
alla testa da un proiettile calibro 9×21 esploso per errore dal
suo amico di sempre, il diciannovenne Renato Caiafa.
A raccontarlo, oggi, al gip di Napoli Iaculli, durante
l’udienza di convalida del provvedimento di fermo emesso nei
giorni scorsi nei suoi confronti, è stato lo stesso Caiafa, che
aveva tra le mani l’arma. Il giovane, poco prima, alla presenza
del suo avvocato Giuseppe De Gregorio, aveva confermato anche al
giudice la versione dei fatti resa in Questura. Il gip,
tuttavia, non ha convalidato fermo, anche se ha emesso
un’ordinanza di custodia cautelare a carico dell’indagato, che
dunque resta in carcere. La Procura di Napoli, con il pm
Capasso, e la Squadra Mobile, gli contestano il porto, la
detenzione e il riciclaggio dell’arma mentre per il reato di
omicidio è, per ora, solo indagato. Un’registrazione, questa,
effettuata tecnicamente in vista dell’autopsia.
Sabato scorso, dopo l’omicidio avvenuto una manciata di ore
prima in una piazzetta nel cuore di Napoli, Caiafa si è
spontaneamente recato in Questura, un atto che, a parere del suo
legale, “testimonia chiaramente” l’assenza del pericolo di fuga.
Ma, sempre secondo l’avvocato De Gregorio, non sarebbero
sussistenti neppure agli altri due presupposti che giustificano
il carcere: per il legale non c’è infatti il rischio che
l’indagato possa inquinare le prove, nè che possa reiterare il
reato.
Finora Caiafa ha sempre sostenuto che la morte del suo
fraterno amico è stata un incidente: stava maneggiando una
pistola con il caricatore maggiorato, che neppure sapeva se
fosse vera o falsa, trovata poco prima sopra la ruota di una
macchina, quando, all’improvviso è partito il colpo mortale.
Le indagini della Polizia di Stato, scattate subito dopo le 5
di sabato scorso, quando Correra è giunto in fin di vita
all’ospedale Vecchio Pellegrini, Proseguono per fare piena luce
sulla vicenda. Gli accertamenti balistici al pari delle
testimonianze acquisite e riscontrate, avranno un ruolo
determinante per giungere alla verità. Gli investigatori,
infatti, vogliono accertare la reale provenienza della pistola e
come Caiafa ne sia effettivamente venuto in possesso, ma anche
chiarire un altro giallo legato al ritrovamento, sul luogo
dell’omicidio, in piazzetta Sedil Capuano, di un proiettile
inesploso di un calibro incompatibile con l’arma che ha sparato.
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