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La rete dei Gallo era ben nota al partito «di sopra». L’inchiesta Echidna e il terremoto nel partito
DAL NOSTRO INVIATO
TORINO – «Chiama Salvatore Gallo». Nessuno ha mai usato il nomignolo Sasà, qui non si usa, non sta bene. Ma ancora pochi giorni fa, un attimo prima che l’inchiesta Echidna dei carabinieri macchiasse il blasone del Pd locale così carico di gloria e orgoglio passati, ai temerari colleghi di partito candidati alle elezioni europee nella circoscrizione Nord-occidentale che chiedevano lumi su come fare per raccogliere consensi, i parlamentari più importanti del centrosinistra torinese facevano quel nome.
Adesso che è stato svelato quel che tutti sapevano, è come se il mondo di sopra della politica cittadina, che si pensa erudita e dal volto presentabile, stesse facendo a gara per disconoscere la politica del mondo di sotto, dove con modi bruschi ci si dedicava a «organizzare il consenso». Le conseguenze penali di quel che sta accadendo a Torino sono ancora aleatorie. Ma non è davvero un bello spettacolo, quello che sta fornendo il centrosinistra torinese, che da sempre si fa vanto di ritenersi una specie di villaggio progressista di Asterix. Perché in molti, ex Ds, ex Margherita e giovani vestali del nuovo corso di Elly Schlein, hanno un debito con l’ottantatreenne Salvatore Gallo, calabrese di Oriolo. Primo impiego come barelliere all’ospedale di Orbassano, del quale diventerà dirigente amministrativo prima di…
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di Marco Imarisio
www.corriere.it
2024-04-11 05:34:02 ,