“Questa mostra vuole ricordare le persone che stanno là e stanno gridando aiuto“. A parlare così all’Adnkronos è la fotografa Laura Salvinelli, la cui mostra “Afghana” porta alla Festa del Cinema di Roma, le storie e i volti delle donne in Afghanistan. “Io e tutte le persone le persone che hanno lavorato in Afghanistan siamo inondati di messaggi di richiesta d’aiuto, donne disperate e minacciate, che vivono nascoste nelle cantine o in dimora di parenti, e supplicano l’Italia di farle venire qua, di far venire le figlie a studiare”, racconta Salvinelli.
“Chi ha lavorato con gli stranieri vive sotto minaccia. Senz’altro i talebani conducono operazioni di rappresaglia lontano dalle telecamere”, continua la fotografa, sottolineando come la repressione contro i giornalisti renda difficile documentarlo. “Le donne che manifestano davanti alle telecamere sono coraggiosissime, ma paradossalmente rischiano di meno di quelle dei villaggi”.
Gli scatti di Salvinelli, con testi a cura di Virginia Vicario, sono stati realizzati nel 2019 nel Centro di Maternità di Emergency in Panjshir. Raccontano la storia delle dottoresse, delle infermiere e delle pazienti attraverso il viso sorridente di Zarghona che ha dato alla luce il primo figlio maschio, di Kemeya alle prese con il suo quinto cesareo, delle donne nomadi Kuchi durante uno dei loro passaggi stagionali nella Valle. Ma sono anche la storia di un modello virtuoso con la formazione di donne medico, ostetriche e infermiere, che si è tradotto in un empowerment femminile all’interno della società, le loro famiglie. Un modello che l’avvento dei talebani mette in pericolo.
Salvinelli è stata sette volte in Afghanistan dal 2003, con organizzazioni umanitarie governative e non. La sua ambizione è realizzare dei “reportrait” che uniscano l’empatia del ritratto al reportage. Negli scatti realizzati al Centro di maternità ad Anabah nella Valle del Panjshir “ho lavorato in un mondo in cui fotografare le donne è un tabù”, racconta. Ma ho anche “comsconfitto per mostrare nel nostro mondo le foto del parto, che violano un altro tabù, quello del sangue della vita e del corpo reale delle donne. Mi sono posta in continuazione la domanda di tutti i fotografi: se sia giusto entrare nell’intimità degli altri. Credo che la risposta, sempre diversa, dipenda da perché e da come si fa. L’importante è che quella domanda lavori sempre dentro di noi.”
In Afghanistan la mortalità materna è 99 volte più alta di quella registrata in Italia e il tasso di mortalità infantile 47 volte più alto: una donna su 14 muore per complicazioni legate alla gravidanza, mentre un bambino su 18 muore prima di compiere i 5 anni.
Il centro di maternità fondato da Emergency in Panjshir nel 2003 è ancora oggi l’unica struttura specializzata e gratuita della zona che permette alle donne la formazione necessaria per diventare infermiere, ginecologhe, ostetriche e garantisce alla cittadinanza femminile di partorire in un ospedale sicuro, un’oasi protetta in cui gli uomini non hanno accesso, e che diventa sia per le pazienti che per lo staff un luogo dove prendersi cura di loro stesse. Qui sono oltre 7 mila i parti effettuati ogni anno: da quando è entrato in funzione, nel giugno 2003, al dicembre del 2020 nel Centro sono state ricoverate più di 86 mila donne e sono stati fatti nascere più di 65 mila bambini.
La Mostra Afghana potrà essere visitata con ingresso libero nel foyer dell’Auditorium Parco della Musica dal 14 al 24 ottobre con apertura dalle ore 10.00 alle ore 18.00. Dalle 18.00 fino alla fine delle proiezioni si potrà accedere solo se muniti del biglietto per la visione dei film. In ogni caso sarà necessario esibire il Green Pass.
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2021-10-10 13:04:29 ,