Il lavoro dei rider è una delle grandi questioni irrisolte del nostro diritto del lavoro. Un tema che nasce da un problema molto rilevante: il lavoro digitale, quello intermediato dalle grandi piattaforme che consentono di comprare dei beni o dei servizi con un solo clic sullo smartphone, non è facile da incasellare dentro gli schemi tradizionali del lavoro dipendente.
Come racconto anche nel mio recente saggio Questo non è lavoro (Edizioni Il Sole 24 Ore), ci sono piattaforme che hanno provato ad applicare il lavoro dipendente ai digital workers, mediante la sottoscrizione di accordi sindacali, ma queste sperimentazioni, pur avendo avuto l’certo merito di accrescere i diritti di chi lavorava con poche tutele, non hanno ancora risolto ogni problema.
Soluzione che probabilmente non arriverà nemmeno con la Direttiva comunitaria sui diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali, un testo faticosamente approvato dal Consiglio dell’Unione europea che, faticosamente sarà pubblicato in Gazzetta ufficiale, dovrà essere attuato entro due anni da ciascuno degli Stati membri dell’Unione europea, compresa l’Italia.
La Direttiva ha un obiettivo nobile e condivisibile: spingere gli Stati membri a introdurre meccanismi efficaci per combattere le simulazioni e gli abusi. Questo dovrebbe accadere mediante l’introduzione di una “presunzione semplice” di subordinazione dei lavoratori delle piattaforme, da applicarsi quando sussistono specifici indicatori dell’assoggettamento delle persone al potere direttivo e di controllo delle piattaforme medesime. Un rimedio che sarà, quindi, utile per far valere i propri diritti in Tribunale, ma che probabilmente non basta a risolvere quei problemi di compatibilità tra lavoro dipendente e prestazioni digitali di cui parlavamo prima.
Questi problemi potranno, a mio avviso, trovare soluzione solo grazie al lavoro delle relazioni industriali: l’esperienza ci insegna che i contratti collettivi sono la sede migliore per costruire regole “su misura” di specifici settori e forme di lavoro.
Il lavoro tramite piattaforma genera molti problemi anche dal punto di vista della privacy e della potenziale ingerenza dell’intelligenza artificiale e dei sistemi informativi nella gestione delle relazioni di lavoro.
La Direttiva si occupa anche di questo tema, introducendo alcuni obblighi informativi in favore dei lavoratori, con lo scopo di consentire l’adeguata dimestichezza dell’eventuale utilizzo di sistemi automatici di monitoraggio delle prestazioni e di gestione dei processi di selezione, avanzamento di carriera e incrementi retributiva; è vietato, inoltre, l’utilizzo di questi sistemi per il trattamento dei dati personali dei lavoratori, e viene afferma tale necessità di garantire una supervisione “umana” su eventuali decisioni prese da strumenti digitali automatizzati.
In attesa dell’attuazione della Direttiva, spetta quindi alle parti sociali farsi carico del compito, molto impegnativo, di costruire regole nuove, che consentano agli utenti di utilizzare tutti i servizi innovativi delle piattaforme digitali dentro un quadro di tutele efficaci per i lavoratori della nuova economia.
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di Giampiero Falasca www.wired.it 2024-10-22 07:30:00 ,