Tornare in Italia sarà sempre meno conveniente per chi lavora all’estero. Il governo stringe le maglie dei bonus fiscali sul rientro dei cervelli e scontenta chi aveva già la valigia in mano. Le novità sono state approvate dal Consiglio dei ministri, che ha attuato una delega parlamentare e ha tagliato gli incentivi che resistevano da un decennio: dal 2024 dipendenti e autonomi potranno beneficiare di un regime fiscale agevolato per un massimo di 5 anni, con una sforbiciata delle tasse del 50% ma solo fino a 600mila euro di reddito. Oggi gli sconti sulle tasse non hanno limiti di reddito e possono durare anche 10 anni, con tagli dal 70% al 90%, se si sceglie di vivere al Sud. Dal 2024 per avere lo sconto bisognerà essere stati all’estero per tre anni, contro i due attuali, e se si cambia idea prima di un quinquennio scatta l’obbligo di restituire tutto con gli interessi.
La frenata sul rientro dei cervelli non è piaciuta alle associazioni di italiani all’estero che provano a organizzarsi anche con una petizione su Change.org per far cambiare idea al governo: i bonus fiscali, rivendica la raccolta firme, sono “l’unico appiglio di salvezza per tutti gli italiani che lavorano all’estero e sperano un giorno di tornare in Italia con un bagaglio culturale arricchito”. Quello del governo, ha attaccato Controesodo su Facebook, “è un enorme autogol per il Paese“.
Cosa sta succedendo:
Ricco per pochi, caro per tutti: costa 674 milioni
Chi è rientrato in Italia negli anni scorsi continuerà a godersi i generosi sconti sulle tasse che ha ottenuto. Le cose cambieranno per tutti gli altri, anche perché il ricco incentivo al rientro si è mostrato molto salato per le casse pubbliche. Nel rapporto sulle spese fiscali relativo al 2022 si legge che la misura è costata 674 milioni di euro e a goderne sono stati 15mila cervelli in fuga che hanno beneficiato mediamente di 45mila euro di mancate tasse versate. Non poco in un paese in cui “l’imposta netta Irpef risulta pari in media a 5.452 euro”, come certifica il ministero dell’Economia e delle finanze.
“È essenziale trovare il giusto equilibrio tra incentivare il rientro e assicurare sostenibilità e giustizia fiscale”, ha scritto su Linkedin il venture capitalist Gabriele Fenoglio, che da beneficiario della misura si è chiesto “se fosse davvero sostenibile e giusto mantenere un incentivo così generoso non solo per persone estremamente meritevoli ma anche per persone solamente privilegiate”. Ora, ha aggiunto, “l’Italia deve guardare oltre gli incentivi fiscali per creare un terreno fertile dove talento e passione possano crescere insieme”.
Il giallo dei calciatori
In questi anni la norma comparsa la prima volta nel decreto Crescita del 2015 ha aiutato molto le squadre di calcio che, a parità di costo aziendale, hanno potuto garantire ai giocatori provenienti dall’estero ingaggi più alti grazie allo sconto sulle tasse. Il bonus per gli sportivi professionisti funziona diversamente rispetto alle altre categorie, ma è sempre stato comunque molto vantaggioso: taglio del 50% sulla tassazione del reddito, più un contributo dello 0,5% dell’imponibile destinato al potenziamento dei settori giovanili.
Nel comunicato stampa del governo che ha annunciato le novità fiscali si legge che per gli sportivi professionisti restano “invariate le disposizioni” che sono “già previste”. Dopo pochi giorni l’orientamento della maggioranza sembra essere mutato, ma solo secondo quanto riportano fonti i maggioranza a diversi organi di stampa. Entro fine anno potrebbe quindi arrivare un testo che bloccherà gli incentivi per gli sportivi, che piacciono ai club e non ai calciatori: “È ingiusto che ci sia un risparmio fiscale per chi proviene dall’estero in un settore come lo sport dove si dovrebbe partire tutti dallo stesso piano”, ha ribadito pochi giorni fa il presidente dell’Assocalciatori, Umberto Calcagno, che da anni combatte la sua battaglia controcorrente.
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di Michele Chicco www.wired.it 2023-10-20 09:05:21 ,