Pattinano in Central Park, passeggiano per le vie della città, condividono hot-dog e gelati (non proprio perché Robot non può mangiare ma Dog, come ogni cane, ha abbastanza appetito per entrambi). Un’amicizia amorosa che evidentemente rende felici entrambi. Fino al giorno in cui Dog decide di portare il suo compagno a fare un giro a Coney Island. Il bagno in acqua farà arrugginire gli arti metallici del Robot che resta bloccato sulla spiaggia incapace di muoversi.
Rimarrà lì un’intero inverno perché al suo amico viene impedito di salvarlo: la stagione balneare è finita e l’ingresso al lido è sbarrato. Non c’è modo di entrare.
Non è facile raccontare Robot Dreams perché, al di là della trama, semplice e lineare, quello che conta sono le emozioni che suscita. Soprattutto dopo il distacco forzato, quando ognuno dei due trascorrerà le settimane a “sognare” il tempo passato insieme. Riusciranno mai a ritrovarsi?
Una riflessione solo in apparenza ingenua sull’epidemia di solitudine che affligge tante persone nelle metropoli, sull’amore e sulla condivisione (Provate a immaginare come vi sentireste a farvi una remata in solitudine nel laghetto di Central Park). E che parte da un rovesciamento di prospettiva vista che è proprio un cane, di norma identificato come il più fedele amico dell’uomo, che qui cerca e trova nel robot un compagno capace di dare amore incondizionato.
Il film non ha dialoghi, una scelta che non sorprende, visto che il regista Pablo Berger aveva già girato un film muto: Blancanieves del 2012. A far risuonare le emozioni nello spettatore è la colonna sonora. In particolare la canzone September degli Earth, Wind & Fire, con un testo che sembra scritto apposta.
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di Enrica Brocardo www.wired.it 2023-11-29 05:30:00 ,