Robot umanoidi capaci di vedere – o, la scelta migliore ancora, leggere – la realtà, come persone meccanizzate. Il futuro è già qui. In nuce. La European computer visione conference, fiera biennale sulla visione automatica andata in scena nei giorni scorsi a Milano, ha mostrato un campionario di quello che potremo trovarci davanti fra cinque o, al massimo, dieci anni. Passeggiando tra i prodigi in ostentazione tra i padiglioni affollati di studenti, ricercatori ed emissari di alcune delle più grandi multinazionali del digitale, la sensazione è che ci troviamo in una congiuntura rara. Le singole tecnologie sono arrivate a maturazione sufficiente sotto il profilo ingegneristico, e ora la tecnica comincia il passo alla creatività e alla combinazione infinita di impieghi. L’osservatore disincantato non può fare a meno di notare come, se, e da chi, questo processo sarà governato.
Robot umanoidi
C’è anche l’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova a esporre i propri macchinari. Mancano gli abbellimenti del marketing, gli scheletri metallici sono a volte nudi perché tutto sommato il pubblico è composto in massima parte da ingegneri, poco inclini ai sofismi della comunicazione.
Real Move è un sistema di videocamere in grado di riconoscere posizione e movimenti di esseri umani e non solo senza l’utilizzo di marker, piuttosto di sensori. Spiegano i ricercatori che potrebbe essere impiegato, per esempio, per la riabilitazione e lo sport: sarà in grado di valutare la bontà di un movimento e quindi aiutare il recupero funzionale dei malati o l’allenamento degli atleti, compito che fino a oggi spettava al fisiatra o al coach. Nell’industria potrà accontentare per fornire valutazioni ergonomiche in tempo reale, e inviare rapidamente aiutanti meccanizzati in caso di necessità o operazioni eccessivamente gravose.
Il gioiello è iCub, un robot umanoide che ha visto la luce a Genova una quindicina di anni fa e che, da allora, ha subito costanti (e importanti) miglioramenti. Spiegano i tecnici che si tratta di una sorta di piattaforma su cui è possibile incardinare tutte le funzionalità e i dispositivi che la fantasia, la necessità e il mercato suggeriscono. È open source, aggiungono: esiste una comunità internazionale che partecipa allo sviluppo di nuove soluzioni. Ne esistono una cinquantina di esemplari al mondo, e può essere considerato uno strumento di esame tramite cui si stanno esplorando gli aspetti più avanzati e complessi, anche psicologici, dell’interazione tra uomo e macchina.
Entrare nel corpo di un robot
Abbiamo provato la versione di iCubHead per farci un’idea. Si comincia indossando un guanto meccanico che va allacciato con cura. Completata l’operazione, l’umanoide posizionato di fronte a noi replica esattamente il movimento delle nostre dita, la torsione della mano, la presa di un oggetto, con un ritardo trascurabile di circa un secondo. Abbiamo mimato il gesto di afferrare una borraccia, di rigirarla tra le mani: il robot ha replicato fedelmente il movimento, stringendo realmente l’oggetto, accarezzandolo al nostro guida, e lasciandolo cadere quando abbiamo aperto la mano.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2024-10-14 05:00:00 ,