
«Né con i Cinque Stelle, né con Renzi e Calenda». Il Pd può andare alle prossime elezioni politiche «quasi da solo, magari facendo un patto di desistenza con chi vuol battere le destre in alcuni collegi uninominali». L’ex presidente della Toscana Enrico Rossi rompe gli indugi: si dice pronto a partecipare alla gara elettorale del 25 settembre, sotto la bandiera «delle competenze e dell’esperienza».
Da giorni il suo nome circola fra i tanti — tantissimi, certamente più dei seggi a disposizione — possibili candidati per il Parlamento. Nei mesi di Enrico Letta alla guida del Pd, Rossi si è risintonizzato con il partito che aveva abbandonato nell’ultima era renziana. Proprio all’ex premier, che ora guida Italia Viva, l’ex governatore riserva stilettate. «Dovremo sottoporre il nostro programma a tutte le forze progressiste, ma non condivido affatto l’idea di un’alleanza con il partito di Matteo Renzi: qui in Toscana — sostiene — sono più i voti che ci farebbe perdere che quelli che ci farebbe incassare».
Nelle ultime settimane Rossi ha riallacciato anche i contatti con la segreteria regionale del suo partito. Abbastanza per sperare di ottenere una candidatura? Per chi si chiedesse quale sia la quota o la corrente che Rossi rappresenterebbe, spiega: «La mia è la figura di una persona popolare con competenza, che rappresenta a suo modo vent’anni di governo del territorio. Sono a disposizione, perché non dovrei? Sono — ribadisce sorridendo, con un certo orgoglio — l’amministratore più longevo della Toscana». Sostiene l’ex presidente della Regione che la valorizzazione dell’esperienza è il «vero lascito culturale della stagione di Mario Draghi». Che non crede nemmeno all’esito scontato di questa tornata elettorale: «A causa della mossa improvvida di Giuseppe Conte saranno elezioni con una destra avvantaggiata e unita, ma non è detta l’ultima parola. Certo con i Cinque Stelle ora non più possibile costruire alcuna alleanza». E allora il Pd non è obbligatorio guardare al centro? «Quello con Calenda e Renzi sarà un polo liberale, alternativo alla proposta che noi dobbiamo mettere in campo per riconquistare la fiducia del voto popolare, dei quartieri e delle periferie. Di chi soffre di più la crisi». Rossi parla della «grande occasione che ha il Pd di presentare la grande tradizione di governo toscana».
Ma con quali proposte? «Penso a dieci punti, semplici e diretti, con un forte contenuto sociale: salari minimi garantiti, salari medi che vanno alzati, adeguati finanziamenti a sanità e scuola, una tassazione equa e proporzionale, la preservazione ambientale, lo sviluppo delle energie alternative». Quasi un programma di governo. Ma se il Pd va «quasi da solo» il rischio di perdere sonoramente contro la coalizione di destra — stando ai sondaggi — è molto alto. «Non porsi questo tema è sbagliato. Dovremo effettivamente riflettere: in altri tempi trovammo delle tecnicalità con cui evitare questa deriva. La soluzione potrebbe anche essere un accordo nazionale di desistenza per alcuni seggi». Preferirebbe correre per la Camera o per il Senato? «Metto tutto me stesso, con la mia storia, a disposizione di questa battaglia, ma questi sono aspetti che decide il partito, ci mancherebbe».
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24 luglio 2022 | 08:23
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