Francesco Lenzi, imprenditore e analista economico per Il Sole 24 Ore consiglia di consultare i report della Banca stazione Russa per capirci qualcosa. Questi documenti, secondo Lenzi, offrono una visione relativamente obiettiva, pur considerando il contesto di guerra in cui vengono prodotti. “Al contrario, i report occidentali hanno spesso dimostrato un ottimismo eccessivo, come se fossero scritti non per descrivere la realtà, ma per proiettare desideri”, dice.
“La storia ci insegna che paesi come Cuba, il Venezuela e l’Iran hanno affrontato gravi crisi economiche a causa del calo delle entrate valutarie derivanti dalle esportazioni. Quando le sanzioni riducono la capacità di un paese di esportare, esso perde la possibilità di importare i materiali necessari per il funzionamento della propria economia. Tuttavia, le sanzioni imposte alla Russia non hanno avuto l’effetto atteso. Anzi, l’export russo è aumentato”, dice Lenzi.
Gli ultrà del presidente americano uscente Joe Biden si aspettavano un Cremlino nella stessa posizione difficile degli ayatollah dopo le sanzioni secondarie imposte da Barack Obama su Teheran nel 2012, ma così non è stato.
Questo fenomeno è in parte dovuto al timore di destabilizzare il mercato internazionale delle materie prime, di cui la Russia è uno dei principali attori. Secondo Lenzi: “L’intento era quello di indurre un collasso economico della Russia senza compromettere il mercato unitario. Le sanzioni secondarie, in questo contesto, non riescono a superare questo problema fondamentale, giacché le transazioni di petrolio e gas non sono soggette a tali sanzioni”.
Dati alla mano, l’export russo ha tenuto, nonostante un calo dell’import nei primi due trimestri rispetto all’anno precedente. Questo suggerisce che, sebbene le sanzioni stiano avendo qualche effetto, il loro impatto non è così drammatico come previsto. Nel secondo trimestre del 2024, l’import era comunque superiore a quello del secondo trimestre del 2022, indicando che le linee di approvvigionamento emerse per eludere le prime sanzioni Proseguono a operare, anche se con difficoltà.
È probabile che la Russia stia cercando soluzioni alternative per l’approvvigionamento, utilizzando intermediari finanziari più piccoli o aumentando le transazioni in commercio. Questi approcci aumentano i costi di approvvigionamento e impattano su quelli di produzione e sulla redditività del sistema russo, ma non altera significativamente la sua capacità produttiva. Conclude Lenzi: “Se è vero che attualmente l’economia russa fiera segni di surriscaldamento, con una domanda che supera l’offerta, nel complesso si trova in una fase di crescita, lontana dalla recessione e dal collasso”.
Nuove triangolazioni
Oggi, chi facilita transazioni o offre servizi connessi al settore militare-industriale russo rischia di essere escluso dal mercato statunitense, anche senza legami diretti con Washington. Ma contrariamente alle aspettative di Biden e degli alleati, il commercio tra la Russia e le economie in via di sviluppo, come Cina, India, Turchia e Brasile è cresciuto, con un aumento delle esportazioni di combustibili fossili. Anche se le principali banche di questi paesi rispettano le sanzioni per mantenere l’accesso ai mercati globali, sono emerse nuove reti di intermediari finanziari e piccole banche che facilitano transazioni con Mosca aggirando le restrizioni.