RAVENNA – “Siamo nati per le bonifiche nel 1883, prima cooperativa di braccianti agricoli d’Europa. Non potevamo tirarci indietro se, per un drammatico scontro tra acqua e terra, Ravenna era a un passo dall’essere sommersa”. Lino Bacchilega è il direttore della Cab Ter.Ra., fondata dal bracciante Nullo Baldini assieme a trentadue compagni per strappare al mare e alla malaria quelle che oggi sono le campagne-tesoro del Ravennate. Venerdì mattina, mentre la città bizantina si preparava all’alluvione più disastrosa della sua storia, assieme al presidente Fabrizio Galavotti ha preso la decisione più difficile della sua vita. “Il questore Castrese De Rosa ci ha chiesto il permesso di tagliare l’argine e di allagare i terreni dei nostri 70 soci per alleggerire la pressione dell’acqua e tentare di salvare il salvabile. Ci siamo guardati negli occhi, ma sapevamo già che un rifiuto sarebbe stato una vergogna imperdonabile”. Gli abitanti della città ora definiscono eroico il gesto.
Siete davvero gli eroi che hanno salvato Ravenna?
“Fare il proprio dovere e mettere al primo posto l’interesse collettivo significa essere cittadini normali, non eroi. In questo momento però, ogni contadino conosce le conseguenze di perdere i raccolti e di devastare la terra per anni. Veniamo da una siccità gravissima, dalle grandinate e da due alluvioni in due settimane. Ci vorrà molto tempo per tornare a rendere coltivabili i fondi trasformati in una palude”.
Essersi immolati è servito?
“A due giorni dall’emergenza più acuta possiamo dire di sì. Il canale Magni ha dilagato su oltre 200 ettari della cooperativa, in totale abbiamo 650 ettari ancora sommersi sotto 2,5 metri. Questa è la superficie che sarebbe finita sotto nel centro di Ravenna“.
Come sono state allagate le campagne?
“Si chiama rottura controllata. Le ruspe, guidate dai tecnici del consorzio di bonifica, hanno tagliato l’argine sinistro del canale che scorre a nord del centro, scaricandosi nella pineta di San Vitale, nel vecchio porto fluviale e infine in Adriatico. Piena e pressione si sono alleggerite, il cumulo di piogge torrenziali cadute sulla Romagna ha trovato finalmente il suo sbocco nel mare”.
L’esito positivo era certo?
“No, ma grazie anche a uno sforzo di pompaggio mai visto e al lavoro di centinaia di uomini della Protezione civile, il livello della piena si è abbassato in modo costante. Ravenna ora ha un immenso lago, ma da venerdì l’acqua è scesa tra 20 e 70 centimetri. Abbastanza per salvarci”.
Cosa hanno detto i contadini soci?
“Non uno ha chiamato per mettere in discussione il sacrificio. Ho colto paura, tristezza, preoccupazione: ma soprattutto orgoglio per aver non tradito i nostri valori”.
Quali colture sono finite sotto la nuova palude?
“Grano, bieta da seme, mais ed erba medica. Può essere che solo l’erba resista, ma senza idrovore l’acqua stagnerà per settimane e il fango riversato dai fiumi formerà poi una crosta dura come cemento”.
Avete calcolato il prezzo del sacrificio?
“Solo per i raccolti dell’anno, in media, 2 mila euro a ettaro. Il totale supera 1,3 milioni, senza contare i costi per sistemare i terreni nei prossimi anni”.
Qualcuno vi ha detto grazie?
“Tutti quelli che incontriamo ci abbracciano, ma sentiamo il rispetto anche di chi in un momento così duro non ha le forze per pensare a noi: in un 2023 nero abbiamo onorato nel modo migliore 140 anni di storia”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-05-21 21:22:57 ,www.repubblica.it