Non riesce a nascondere la delusione Roberto Salis, il padre dell’attivista antifascista in carcere a Budapest da quasi un anno. Al termine dei due incontri privati con i ministri degli Esteri e della Giustizia, Antonio Tajani e Carlo Nordio, ha commentato: “E’ andata molto peggio di quanto ci aspettassimo, non vediamo nessuna azione che possa alleviare la situazione di mia figlia. Siamo stati lasciati soli”.
Le richieste presentate al governo, ricorda, erano i domiciliari in Italia o, in alternativa, in ambasciata in Ungheria, ma “entrambe ci sono state negate. Credo che mia figlia resterà ancora per molto tempo in carcere e la vedremo ancora in catene ai processi” ha commentato amareggiato.
Sulla detenzione domiciliare in Italia, Nordio ha prospettato l’opportunità che il difensore ungherese insista presso l’organo competente per la modifica della detenzione carceraria, fa sapere in una nota.
Secondo i ministri, i principi “di sovranità giurisdizionale di uno Stato impediscono ogni interferenza nella conduzione del processo e nel mutamento dello status libertatis dell’indagato” e così anche “la richiesta di sostituzione della misura cautelare presso l’ambasciata italiana non è possibile”.
Salis lamenta, però, che i documenti chiesti per agevolare il lavoro degli avvocati, come la nota con le garanzie sull’applicazione delle misure per i domiciliari in Italia, non verranno forniti, perché “dicono che sarebbe irrituale e che possa creare dei precedenti”. Gli italiani detenuti nelle stesse condizioni sarebbero 2500 e “non si può fare un’azione preferenziale nei confronti di nessuno – riferisce Salis –. Ma se lasciamo tutti lì siamo uno stato che difende i cittadini?”
“Ora ci sarà carcere a oltranza fino a quando il giudice ungherese avrà finito il processo o ci sarà un’altra situazione – ha aggiunto – Ma in quel carcere lì si può anche morire”.
La discussione al Parlamento europeo
Nel frattempo il caso di Ilaria Salis è anche al centro del dibattito in plenaria al Parlamento europeo. Intervenendo a nome della Commissione in merito alle condizioni detentive della 39enne, la commissaria Ue ai Servizi Finanziari, Mairead McGuinness, ha precisato che, nonostante le questioni relative alla detenzione siano “di competenza e responsabilità degli Stati membri”, le condizioni di trattamento dei detenuti “non devono violare i diritti fondamentali”.
La soluzione degli arresti domiciliari viene caldeggiata anche in Parlamento europeo: “Sarebbe in linea con le conclusioni del Consiglio sulle misure alternative alla detenzione adottate durante la presidenza finlandese nel 2019” ha detto la commissaria McGuinness.
La commissaria ha poi ricordato l’impegno preso da tutti gli Stati membri dell’Ue nel rispettare gli standard stabiliti dal Consiglio d’Europa, in mancanza dei quali verranno “avviate procedure di infrazione”.
Gli standard minimi per garantire il diritto all’equo processo, per cui l’Ue ha adottato sei direttive, includono il diritto all’interpretazione e alla traduzione, il diritto alla informazione e agli atti del caso e la presunzione di innocenza, “da cui deriva il divieto di presentare indagati e accusare persone in tribunale o in pubblico mediante l’uso di misure di costrizione fisica”, ha precisato la commissaria, facendo riferimento alle immagini di Salis in catene nel tribunale ungherese.
La protesta dell’eurodeputata ungherese
“Ci accusano di cose molto gravi” ha protestato l’eurodeputata ungherese di Fidesz (il partito del premier Viktor Orban), Eniko Gyori. Chiedendo di intervenire prima dell’inizio dibattito, ha denunciato che “la verità è che un criminale, cioè una cittadina italiana, ha commesso crimini molto gravi in Ungheria, è sotto accusa in carcere, ci accusa di condizioni non degne, mentre si è chiaramente scoperto che ha mentito durante la procedura legale”.
Ha poi aggiunto: “In questo dibattito non viene dato il diritto all’Ungheria di fare un intervento”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-02-05 18:38:39 ,www.repubblica.it