Sanità, due milioni di ricoveri e 6 miliardi di spreco. Fadoi: “Tre ricoveri su dieci si potrebbero evitare se i medici di famiglia si consultassero con gli ospedalieri”

Sanità, due milioni di ricoveri e 6 miliardi di spreco. Fadoi: “Tre ricoveri su dieci si potrebbero evitare se i medici di famiglia si consultassero con gli ospedalieri”



È un blackout comunicativo quello che fa viaggiare su due rette parallele ospedali e servizi sanitari territoriali. Un fenomeno che ha un prezzo. Tre ricoveri su 10, infatti, si sarebbero potuti evitare con una migliore presa in carico dei pazienti da parte dei servizi territoriali. Il che in numeri assoluti fa 2 milioni e 250 mila ricoveri evitabili l’anno, pari a uno spreco di circa 6 miliardi, calcolando che il costo medio di un ricovero è di circa 3mila euro. È questa la fotografia poco consolante del muro che separa in sanità ospedali e territorio, scattata su un campione rappresentativo di tutte le Regioni, dalla survey condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi), che apre oggi il suo 29esimo congresso a Rimini.

Consulto solo nel 15 % dei casi

Gli specialisti ospedalieri e medici di famiglia, indica il report, si consultano quando un paziente è ricoverato in appena il 15% dei casi, mentre in otto casi su dieci i pazienti arrivano in reparto senza che si sappia nulla dei loro trascorsi in fatto di salute perché il fascicolo sanitario elettronico è aggiornato appena una volta su cinque. Due mondi quasi incomunicabili, quindi, che finiscono per generare accessi impropri ai pronto soccorso e ricoveri evitabili. Problemi che – secondo gli internisti – solo per il 7,6% dei medici potranno essere risolti da ospedali e case di comunità, il fulcro della riforma sanitaria territoriale finanziata complessivamente con oltre 7 miliardi del Pnrr.

Lo strumento per comunicare: il fascicolo sanitario elettronico

Per comunicare, pur senza parlare, uno strumento ospedale e territorio ce l’avrebbero – ricorda Fadoi – ed è il fascicolo sanitario elettronico, che dovrebbe contenere tutta la nostra storia sanitaria, dalle patologie che ci affliggono alle terapie che assumiamo al momento di finire in ospedale. Peccato che i medici del territorio, anche per farroginosità burocratiche, non riescano ad aggiornarlo nel 39,3% dei casi o lo facciano raramente nel 41% dei casi. Le stesse alte percentuali si ritrovano quando si tratta di rilevare il dialogo tra medici ospedalieri e territoriali. I primi nel 71% dei casi si consultano solo raramente con i medici di famiglia e gli specialisti ambulatoriali quando un paziente viene ricoverato, mentre per il 13,7% il consulto non avviene proprio mai. Si verifica invece abbastanza frequentemente appena nel 15% dei casi. La consulenza si attiva sempre appena lo 0,2% delle volte.

Percorsi di cura frammentati

Per Dario Manfellotto, presidente della Fondazione Fadoi, “servono regole chiare e stabilite a livello nazionale che leghino tutta la filiera del Servizio sanitario nazionale. Oggi invece i percorsi di cura sono frammentati e spesso si formano dei colli di bottiglia che intasano le strutture”.

L’équipe di professionisti competenti

Per questo, prosegue Manfellotto, “servirà agevolare il percorso casa-territorio-ospedale-post acuzie-riabilitazione-casa, con regole d’ingaggio strette e rigorose. La regìa non la può fare in modo burocratico una ‘Centrale operativa territoriale’ ma una équipe di professionisti competenti. E poi un ospedale di comunità a ‘quasi totale gestione infermieristica’ non può funzionare, per cui si rende necessaria un via nuova, che coinvolga gli specialisti dell’ospedale in collaborazione con i medici del territorio, con percorsi assistenziali ben definiti” .



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-05-11 11:41:25 ,www.repubblica.it

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