Saviano e Facci, i casi Rai non sono la stessa cosa
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Oltre la formula “ministro della Mala Vita”, su cui eventualmente i giudici appureranno – se lo riterranno – un’eventuale diffamazione come Salvini ha minacciato, Saviano si muove in realtà su un territorio squisitamente politico. Durissimo, certo, ma politico. Come durissime sono le posizioni di Salvini, che sotto il sorriso beffardo e chiamando a raccolta i suoi lascia puntualmente passare messaggi e contrapposizioni anch’esse utili a fini politici. Di propaganda pura, in realtà, visto che di politica ce n’è poca nelle parole del ministro.

Dunque quello su Saviano, se sarà confermato, sarà nient’altro che un atto politico dalle tinte punitive: l’idea di impiegare sul suo conto il Codice etico a cui s’ispira il servizio pubblico della Rai non ha alcun senso. Quel Codice doveva senz’altro essere impiegato con Facci, che aveva partorito alcune espressioni indegne sul caso che vede coinvolto a Milano uno dei figli del presidente del Senato, Leonardo Apache La Russa, un’indagine per stupro. “Le sofisticate scienze forensi non impediscono che alla fine si scontri una parola contro l’altra, e che, nel caso, risulterà che una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa e che perciò ogni racconto di lei sarà reso equivoco dalla polvere presa prima di entrare in discoteca” aveva scritto giorni fa su Libero. Evitiamo link a quella robaccia.

Fra l’altro, non siamo appunto noi a tirare un (improprio) collegamento fra i due casi ma i parlamentari di Forza Italia in commissione Vigilanza. Sono Gasparri, Orsini, Dalla Chiesa e Rosso a mescolare le carte e a sottolineare che, a fronte della cancellazione del programma di Facci, “non risulta che la Rai abbia cancellato per la prossima stagione il programma che sarà affidato a Roberto Saviano, il quale non soltanto in passato diede della ‘bastarda’ al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ma che ieri ha rincarato la dose contro il ministro Matteo Salvini e l’intera maggioranza”. Per poi proseguire: “Fateci capire: o il codice deontologico della Rai ritiene corretto dare della bastarda al primo ministro, malavitoso a un importante ministro e definire ‘bande’ i partiti di governo, cioè i suoi azionisti pro tempore, oppure significa che qualcuno, ma solo qualcuno, nel paese e nella televisione di Stato ha libertà di insulto e di politicamente scorretto in nome di una non specificata superiorità morale e culturale, una sorta di licenza poetica che vale per Saviano ma non per Facci“.

L’accostamento è naturalmente strumentale. I due casi non hanno infatti nulla a che vedere l’uno con l’altro. Saviano si muove su un terreno politico. Accidentato, dai toni feroci, talvolta estremamente feroci, come feroci e spietati sono gli attacchi e le ingiurie che lo scrittore riceve praticamente da sempre. Può essere contestato su specifiche scelte di linguaggio e di contenuto, si può forse discutere del suo stile, ma cancellare un programma del servizio pubblico per le sue querelle sui social con il ministro di turno è appunto una scelta per nulla salomonica come si vuole far credere ma molto precisa. E molto grave. Facci si è invece messo definitivamente fuori gioco da solo esprimendo opinioni miserevoli nei confronti di una persona ed entrando a gamba tesa, con la pesantezza che lo contraddistingue, in una delicata inchiesta per stupro. Non si tenti di mettere le due decisioni sullo stesso piano, perché non lo sono.





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di Simone Cosimi www.wired.it 2023-07-26 09:26:19 ,

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