Pochi mesi dopo, finivamo dentro quel bagno putrefatto e macilento, assieme al Dottor Lawrence Gordon (Cary Elwes) e ad Adam Faulkner (lo stesso Whannell), incatenati accanto ad un cadavere che impugna una pistola e un registratore. Sono le prime vittime di un mortale gioco di liberazione e sofferenza come non si era mai visto né concepito nel genere horror, non a questi livelli. Il film si fa forza di un simbolismo che interessa oggetti, enigmi, punizioni, lo stesso ambiente claustrofobico, mentre lui, Jigsaw, il carnefice-purificatore, “educa” i suoi prigionieri. La genialata assoluta è come Jigsaw se la prenda con individui che spesso hanno disprezzato la vita, magari hanno pure commesso crimini, insomma con lui il concetto di serial killer come mero persecutore di innocenti comincia a mostrare qualche segno di differenziazione, se non proprio di cedimento. Saw – L’enigmista non si ferma qui.
A mano a mano che si va avanti, mentre assistiamo ai modi più creativi e sadici con cui il misterioso criminale mette alla prova le sue vittime, ci rendiamo conto che gli offre in realtà sempre una realistica possibilità di sopravvivere. Certo, al prezzo di dolore, spesso di danni fisici o psicologici permanenti, oppure la morte, ed è una novità autentica per il genere. Sarà anche ciò che renderà numerosi momenti del film a dir poco insopportabili per il pubblico, che abbraccerà una concetto di tensione a tratti quasi insopportabile. Oltre a tutto questo, c’è sempre una mancanza di informazioni e la loro esame, che Saw – L’enigmista offre centellinando, sovente rovesciando integralmente la concezione che ne avevamo all’inizio, l’empatia sviluppata vedendoli soffrire, gridare, andare in panico, infliggersi dolorose ferite cercando di sopravvivere in ogni modo. Tutto questo servì a rilanciare il genere, che in quel 2004 andava oggettivamente verso una decadenza da cui solo una piccola bomba di film come questo poteva salvarlo.
Il ritorno dell’orrore alle sue origini disturbanti e metaforiche
In quell’inizio di millennio infatti, l’horror, il genere che più di tutti ha lanciato grandi cineasti ed interpreti, navigava in pessime acque. Se si escludono chicche come The Cell, American Psycho (che horror vero e proprio manco era), le poche novità erano legate a derive per il pubblico teen puro, come Final Destination, l’ennesimo capitolo di Scream e un quantità assurda di reboot, remake, che di certo non potevano bastare a far rimanere in piedi il genere. Spesso poi erano horror abbastanza prudenti, prevedibili, oppure connessi ad altri generi, ma soprattutto mancavano della capacità di beccare il grande pubblico, che ormai non poteva rinunciare ad un minimo di slasher, ma lo voleva sotto forma nuova. Saw – L’enigmista gli dette esattamente quello che volevano, su tutti un villain memorabile. Il Jonathan Kramer di Tobin Bell, caratterista dell’horror di lungo corso, è un cattivo tutto nuovo.
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di Giulio Zoppello www.wired.it 2024-10-29 05:30:00 ,