Una intuizione investigativa dei carabinieri di Boscoreale ha svelato gli affari d’oro legati allo spaccio di sostanze stupefacenti nel Piano Napoli di via Settetermini. Non solo il sofisticato sistema di videocamere ad alta definizione puntate sul quartiere, ma prima ancora una “imbeccata” raccolta da una intercettazione ambientale in carcere. Siamo a settembre del 2020, tre mesi prima dell’avvio ufficiale dell’inchiesta coordinata dalla procura della Repubblica di Torre Annunziata. Dietro le sbarre ci era finito Nunzio Della Ragione, uno dei dieci arrestati nel blitz antidroga di giovedì mattina. Era stato trovato in possesso di una pistola calibro nove pronta a fare fuoco. Era finito in carcere dove, senza saperlo, fornisce un assist agli investigatori dell’Arma. Ignorando di essere intercettato, confessa a sua insaputa di essere uno dei principali protagonisti della gestione dello spaccio nel popolare rione, tra gli isolati 10 e 15. Dalle intercettazioni ambientali emergerebbero anche dei contrasti con i sodali in affare, al punto da ignorare intenzionalmente la presenza delle forze dell’ordine. Ma questa è un’altra storia. Fatto sta che le (non) rivelazioni di Della Ragione danno avvio all’intensa attività investigativa che restituisce agli inquirenti una sorta di film, una pellicola digitale sulle quali restano impresse incontrovertibili episodi di spaccio in appena quattro mesi, sette giorni su sette, anche nei giorni di festa. Dietro le sbarre, in attesa dell’interrogatorio di garanzia, ci sono finiti anche Giuseppe e Michele Tasseri, Nicola Tramparulo, Gennaro Ciotola (il responsabile del circolo), Francesco Sorrentino, Aurelio Acampora e Franco Crescentini. Divieto di dimora, in Campania per Francesco Perrella, Maurizio Tasseri e Domenico Allocca. Le palazzine rosse dell’isolato 10, il “meridione” del quartiere popolare, è un vero e proprio supermercato della droga, come si evince dalle carte dell’inchiesta. Ma è anche una fortezza impenetrabile, grazie ad una connivenza con una parte del quartiere. Ed è per questa ragione che i militari agli ordini del luogotenente Massimo Serra decidono di fare un upgrade rispetto alle tradizionali sistemi investigativi, integrando gli “occhi elettronici” nel ventre dello spaccio. All’interno – e all’esterno – di un circolo ricreativo abusivo si concentrano le principali attività di spaccio, come una sorta di “termopili”, i fast-food dell’antica Pompei, dove però al posto del vino, si effettuavano le ordinazioni e in molti casi le cessioni di ogni tipo di droga che il mercato richiede, dalla cocaina alla marijuana. Pusher e clienti che a loro insaputa venivano ripresi da sofisticate telecamere e pedinati nell’ambito dell’attività investigativa. Un minimarket della droga con acquirenti che provenivano da tutta l’area metropolitana di Napoli e dalle province vicine e nella quale erano attivi una serie di pusher dislocati nei punti strategici del rione.
LEGGI TUTTO
di Pasquale Malvone
www.metropolisweb.it
2022-02-11 19:49:05 ,