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(di Milena Di Mauro)
Spera con “una preferenza netta” che
in Usa vinca Kamala Harris, la segretaria del Pd Elly Schlein. E
attacca il governo su “una manovra recessiva” e sulla sanità,
tema su cui “da settimane Giorgia Meloni dà i numeri”, “non per
un caso ma per un disegno: la destra vuole una sanità a misura
del portafoglio delle persone”. Ospite di ‘Che tempo che fa’ sul
Nove la segretaria dem tiene ecumenicamente il punto sull’unità
del centrosinistra. “Abbiamo fatto bene a continuare a costruire
testardamente l’unità, perché il nostro avversario è la destra,
il Pd ha doppiato Fi e cresce perché non perde tempo in
polemiche con le altre opposizioni e in un dibattito politicista
sul perimetro di quali siano le sigle migliori”.
Qualche minuto invece la Schlein lo spende per bloccare in
modo netto il progetto di Vincenzo De Luca di un terzo mandato
in Campania. “Il Pd ha una posizione chiarissima: siamo contrari
al terzo mandato. Per noi vale la legge nazionale che prevede il
limite a 2 mandati. Possono votare tutte le leggi regionali che
vogliono ma il Pd non sosterrà presidenti uscenti per un terzo
mandato”. Di più. Una terza corsa sarebbe stata sostenuta “con
piacere” anche per Decaro e Bonaccini. “Ma le regole valgono per
tutti e se qualcuno non è abituato perché prima funzionava
diversamente, adesso è bene che si abitui al cambiamento perché
io sono stata eletta esattamente per fare questo”. Certo si
discuterà con il partito in Campania, ma in questo perimetro.
Dunque sguardo alle regionali e campagna elettorale a tappeto
nelle regioni al voto tra due settimane, Umbria ed
Emilia-Romagna, dove l’assetto della coalizione resta invariato
e “dove stiamo provando a riportare a votare quelli che non ci
credono più”. L’ottimismo della segretaria non è di maniera.
Dopo la battuta d’arresto per il centrosinistra in Liguria e i
paletti del M5s – che non vuole nessuna alleanza a priori con i
dem ma convergenze su temi e programmi in Parlamento e sui
territori – la leader del Pd spegne le scintille tra i leader e
persegue la prospettiva unitaria. “Se non ti vuoi alleare con il
Pd – dice rivolta al M5s – con chi ti allei? Dall’altra parte
c’è la destra. ci sono le differenze, ma si possono comporre. Se
pensi di farcela da solo saranno gli elettori a non aspettare
te”.
La vittoria è un risultato, dice però oggi Matteo Renzi,
impossibile da raggiungere senza i centristi. “Senza di noi il
centrosinistra perde, ormai è chiaro a tutti”, ammonisce il
leader di Iv dopo la sconfitta di Orlando. “Non è questione solo
ligure – spiega però -. Parliamoci chiaro: Giorgia Meloni non è
forte come vuol fare credere. È la leader politica italiana
uscita peggio dalla prova alle Europee. Berlusconi nel 2009
aveva preso il 35%, io nel 2014 il 41%, Salvini nel 2019 il 33%.
Meloni è sotto il 30%: se ha la i più del Paese è grazie
alle divisioni del centrosinistra”.
Ottimista, almeno per le sfide imminenti, anche il presidente
Pd Stefano Bonaccini. “In Umbria il centrosinistra è fiducioso
di tornare a vincere – dice da Perugia -. Qui la coalizione è
unita come lo è in Emilia Romagna”. Ma “è comunque importante
nel centrosinistra scongiurare di mettere veti a chiunque quando non
tanto i leader ma il programma è condiviso”.
“Ognuno tessa la sua tela, esprima le sue potenzialità,
conquisti i suoi consensi. Lo faccia aggredendo l’enorme pozzo
nero dell’astensionismo. Non i potenziali alleati. Immagino la
costruzione di un’alleanza elettorale a maglie larghe, che
gradatamente si stringa attorno a un contratto elettorale da
sottoporre agli elettori”, afferma l’ascoltato dirigente del Pd
Goffredo Bettini, augurandosi che la Schlein “prosegua sulla
strada scelta”. “La solita tiritera veterocomunista con l’idea
di fondo fatta di ‘annessione’ e ‘controllo’ come una volta il
Partito Comunista faceva con i partiti satelliti dell’est
europeo”, gela Bettini Enrico Borghi, capogruppo al Senato di
Italia Viva.
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