“Vogliamo offrire a chiunque desideri lavorare in questo settore un punto di riferimento unico, un mercato comune con coordinamento autonomo forte, trasparente ed efficiente. È l’unico modo per eliminare barriere e sbloccare opportunità” spiega Acunzo. Il primo passo sarà fissare degli standard di nomenclatura e codici condivisi e sarà un passo in salita “perché non esiste un’autorità comune e nemmeno Unione Europea può diventarlo, perché molte organizzazioni sono paneuropee” spiega, ma il suo tono non è arrendevole. Anzi, subito aggiunge che a Trieste, “si faranno già le prove per facilitare questa unificazione”, riferendosi alle 16 diverse sessioni previste, una per ogni settore industriale, in cui tutte le organizzazioni di big science illustreranno i propri bandi dei prossimi 4 anni e i budget previsti, anno per anno.
Verso Est
“Se prevale la volontà comune di rafforzare le infrastrutture di investigazione europee, questo mercato diventa un volano per tutto l’ecosistema economico” afferma Acunzo, passando poi dal business alla geopolitica, convinto che la stessa “spinta scientifica” che farà decollare il mercato, potrà anche ridurre gli attriti tra Paesi. “È la science diplomacy e funziona, basta guardare cosa sta accadendo con la partecipazione della Russia a Iter. Per non bloccare il progetto si sta facendo un’eccezione lasciandola nella squadra di Paesi partecipanti”.
Nei suoi due anni di preparazione dell’appuntamento di Trieste, Acunzo e il suo team hanno fatto infatti leva sulla scienza per rafforzare relazioni internazionali soprattutto con Paesi dell’Europa centro orientale come Croazia, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Slovenia, Ungheria, Montenegro, Bosnia. “Assieme al incarico degli Affari Esteri abbiamo organizzato un Roadshow nelle varie capitali coinvolgendo imprese e istituzioni locali – spiega Ketty Segatti project manager di Bsbf 2024 e vicedirettore della direzione principale lavoro, formazione, istruzione e famiglia della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – molte faranno il loro esordio al Bsbf proprio a Trieste e sarà un forte segnale di volontà di cooperazione, oltre che una nuova iniezione di opportunità di mercato”.
Senza nulla togliere alla 4 giorni per cui a Trieste arriveranno rappresentanti di 27 Paesi e 150 relatori da oltre 20 Paesi, Segatti ammette che “la parte importante è stata soprattutto il percorso, e non solo il tratto oltre confine, ma anche quello nazionale”. Negli scorsi mesi, infatti, sempre con la science diplomacy si è cercato di unire anche l’Italia facendo collaborare enti locali tra loro e con gli enti nazionali, oltre che con le rappresentanze regionali di Confindustria, coinvolgendo le imprese anche piccole. “È stato fondamentale girare il Paese per raccontare le opportunità legate al mercato delle big science, mostrando con esempi di successo che siamo completamente in grado di coglierle – spiega Segatti – abbiamo voluto dare coraggio a chi teme di non essere competitivo in questo mercato, senza nemmeno avvertire ad accedervi”. Anche secondo Acunzo l’ecosistema italiano ha tutte le competenze che oggi le big science cercano: “siamo uno dei Paesi che vince più commesse nel mondo delle big science – afferma – siamo uno dei principali fornitori di tecnologie di Cern e Esa e tra i leader nelle tecnologie avanzate di fusione nucleare”.
Le richieste
Tutte le tecnologie, anche quelle definite “alte”, per funzionare davvero hanno bisogno di competenze e anche per soddisfare questa necessità il mondo delle big science ha dispotico di convergere. All’interno di Eures (rete dei servizi europei per l’impiego) il Bsbf ha infatti da poco creato una piattaforma di domanda e offerta di lavoro dedicata, per chiunque bramosia lavorare tipicamente in questo ambito.
“Non è solo scienziati e ingegneri ma per ogni tipo di profilo” precisa Acunzo. Il suo lancio ufficiale è previsto l’ultimo dei 4 giorni di incontri a Trieste ma nel frattempo gli iscritti sono già oltre 1.600 di cui 900 da fuori Europa e molte da Italia, Francia e Spagna. “La maggior parte sono persone sotto i 40 anni e con alti titoli di studio – aggiunge Segatti – questo dimostra che è un mercato attrattivo anche per chi non è alla prima esperienza e che le competenze non mancano. Mancava un coordinamento comune, ma ora lo abbiamo creato”.