Scream VI è la naturale continuazione del film precedente, quello Scream che aveva unito sullo schermo la prima e la nuova generazione di protagonisti (feel old yet? Esatto). Ritroviamo le due sorelline, Sam Carpenter (Melissa Barrera) e Tara Carpenter (Jenna Ortega) questa volta alle prese con differenze generazionali e diverse volontà di reagire a ciò che gli è successo l’anno precedente. Sam continua a vivere nella paura, è bullizzata e considerata da tutti un’assassina che l’ha fatta franca. Tara invece vuole dimenticare tutto, andare avanti con la sua vita, assieme a Chad, Mindy e gli altri. Intanto però ecco che un altro (o altri?) Ghostface si rifà vivo, punta a loro e alla loro cerchia ristretta. Naturalmente, come in ogni film della saga, sappiamo che non solo qualcuno farà una bruttissima fine, ma che proprio all’interno del nucleo di personaggi di supporto si nasconde l’assassino o gli assassini.
Questa eterna ripetizione, questa sorta di rituale religioso e narrativo ci ricorda dove il cinema dell’orrore ha sempre trovato la sua essenza: nell’istante in cui voleva celebrare gli stessi motivi per i quali amiamo le nostre paure, ma sotto vesti nuove. Le nostre paure ci dicono chi siamo, sia come individui che come società, anche fosse solo come gruppo rappresentativo, e quindi ce le teniamo ben strette, le coccoliamo così come le loro rappresentazioni o la loro deformazione in chiave grottesca. Il che poi è sempre stato ciò che Scream ha saputo fare fin dall’inizio. il problema principale però con Scream VI, è che viene meno alle sue stesse premesse, alquanto interessanti, sviluppate nella prima metà, di sicuro la più divertente, istrionica e anche piacevole, soprattutto per gli appassionati del genere. Soprattutto loro sapranno cogliere le mille affettuose citazioni, riferimenti e omaggi: da Dario Argento a Bava, da Carpenter allo stesso Craven. \
Un film privo di creatività e coerenza
Un elemento plateale di questo Scream VI è il suo essere metanarrazione in modo così plateale, che viene da chiedersi fino dove sia un film e dove invece una sorta di manuale o riassunto dello slasher di ultima generazione. Domanda lecita perché in fondo è il concetto di cinema transgenerazionale e la sua universalità di fruizione che per i primi 60 minuti tiene banco.
Il problema con Scream VI è il fatto che alla fin fine si accontenta di proporci cliché già visti e rivisti, senza però esservi né fedele a lungo andare, né capace di distanziarcisi con convinzione. Tutto sprofonda nella meccanicità più ovvia, in una costruzione narrativa che in certi momenti non sa o non vuole essere qualcosa di coraggioso, neppure di derivativo in modo intelligente, dando sempre l’impressione di essere più che citazione, quasi una parodia, purtroppo involontaria. Qualcuno potrà dire che in fondo Scream lo è sempre stato, un mix, ma se questo dipende dal cast allora il discorso è diverso.
I personaggi per come ci sono offerti semplicemente non funzionavano, non solo e non tanto perché non hanno singolarmente una particolare caratterizzazione nello script, ma anche perché proprio Sam, la protagonista, ha in Melissa Barrera, un’interprete assolutamente carente per ciò che riguarda carisma, espressività e credibilità. La fu Mercoledì Addams, Jeanne Ortega, riesce in qualche modo a tamponare con la sua spontaneità, ma non basta, così come non bastano Courtney Cox, Hayden Panettiere o l’ex “giovane pistola” Dermot Mulroney. Se persino interpreti di questa esperienza risultano artificiosi nella loro interpretazione, è il primo segnale che c’è qualcosa che non va alla base dell’iter, nella scrittura in particolar modo. La cosa più strana? Scream VI dipinge i suoi personaggi ora come geniali ora come completi idioti, lo stesso per quello che riguarda la nemesi, che si aggira con fare alquanto pasticcione per tutti i 120 minuti di questo film poco ispirato.
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di Giulio Zoppello www.wired.it 2023-03-08 20:01:00 ,