Scuola, Trentino unico in Italia a non avere gli esami di riparazione ma ora tenta il dietrofront: “No al loro ritorno, sì ai corsi di recupero”

Scuola, Trentino unico in Italia a non avere gli esami di riparazione ma ora tenta il dietrofront: “No al loro ritorno, sì ai corsi di recupero”

Scuola, Trentino unico in Italia a non avere gli esami di riparazione ma ora tenta il dietrofront: “No al loro ritorno, sì ai corsi di recupero”



“Il Trentino è uno scandalo nazionale”. Giovanni Ceschi, docente, presidente del Consiglio del sistema educativo provinciale del Trentino, non cerca scorciatoie linguistiche. E quando parla di “scandalo nazionale” si riferisce agli esami di riparazione di settembre. Quelli che rovinano le estati a migliaia di studenti italiani. Ma non nella provincia autonoma di Trento, dove il “dazio” è stato abolito – come per altro nel resto del territorio nazionale – nel 1995, con il primo Governo Berlusconi.

La petizione per ripristinare gli esami di riparazione

Dodici anni più tardi, nel 2007, ci pensò il ministro Giuseppe Fioroni (governo Prodi) a reintrodurre l’esame: alla prova dei fatti, la scelta di togliere le forche caudine di fine estate si rivelò un boomerang. Un provvedimento che allora il Trentino, unico in Italia, proprio in virtù dello statuto speciale, decise di non recepire, trasformando la provincia autonoma (allora retta dal centrosinistra) in una sorta di isola felice per gli studenti. Felice ma pericolosamente alla deriva in termini di preparazione. Al punto che nei giorni scorsi centinaia di docenti trentini (già oltre 400) hanno firmato una petizione per chiedere all’assessora provinciale all’istruzione, l’esponente di Fdi Francesca Gerosa, di fare un passo indietro: “Il titolo di promozione assegnato a giugno – si legge nella petizione – rende di fatto ininfluente la verifica condotta del superamento delle lacune. Ciò determina per alcuni studenti – a causa di un impegno inadeguato o della gravità delle lacune stesse – un percorso formativo che non consente di affrontare efficacemente le difficoltà e di superarle”.

Una formazione lacunosa

Tradotto: ci sono molti studenti, che sapendo di non incorrere in una bocciatura al netto di uno stuolo di insufficienze, abbandonano lo studio di alcune materie. Un pasticcio – denuncia Ceschi – aggravato dal sistema della “media complessivamente sufficiente”. Insomma, se hai 8 in matematica ma in latino sei una capra da 4, la media complessiva è 6: promosso.

L’aspetto curioso è che in Trentino sono tutti d’accordo (docenti, presidi, studenti e Provincia) che così non va bene. Nel 2019 l’ex assessore all’istruzione, il leghista Mirko Bisesti, era pronto a fare dietrofront sull’onda di un’altra petizione, ma poi il Covid frenò l’entusiasmo.

Il rischio del ‘turismo scolastico’

“Le conseguenze estreme di questa situazione – spiega ancora Ceschi – è che gli studenti abbandonano lo studio di alcune materie: nel resto d’Italia si è capito 17 anni fa che così non andava. Questo è un sistema che deresponsabilizza e a livello nazionale abbiamo una situazione che porta allo stesso titolo di studio ma con percorsi diversi”. Numeri non ce ne sono – lo ammette lo stesso Ceschi – ma un’altra deriva sarebbe il “turismo scolastico”, ovvero la scelta degli studenti veneti di iscriversi in Trentino per seguire percorsi “facilitati”.

L’alternativa: corsi di recupero obbligatori

Paolo Pendenza è il presidente dei presidi trentini: “Il nostro sistema ha dei limiti, ma anche quello nazionale. La reintroduzione dell’esame di riparazione avrebbe come conseguenza un aumento delle bocciature e dell’abbandono scolastico. Noi – prosegue – dobbiamo pensare ad un’altra strada, inclusiva, che è quella già applicata nei corsi serali in Trentino e in via sperimentale all’istituto Artigianelli: se uno studente ha un’insufficienza non c’è la bocciatura, ma l’anno successivo ripete il percorso per quella singola materia. In questo modo si riconosce ciò che di buono è stato fatto. Se arrivato al quinto anno ha lacune formative in due materie, proseguirà gli studi per un altro anno, ma solo in quelle due materie”. “Il sistema attuale non è il migliore ma è perfettibile – l’opinione di Matteo Bonetti Pancher, presidente della Consulta degli studenti – tornare agli esami di settembre? Meglio rendere obbligatori i corsi di recupero”.

La terza via

L’assessora Gerosa, nominata poche settimane fa, si dice “determinata” a cambiare le cose, ma senza riproporre gli esami di riparazione: “L’attuale impianto non funziona: così rischiamo di portare gli studenti a fine percorso senza le competenze di base. Non penso – dice – che tornare agli esami a settembre sia la soluzione, anche perché il peso del recupero poi ricade sulle finanze delle famiglie, accentuando le disuguaglianze sociali. Credo ci sia una terza via: la troveremo al termine del confronto che ho già avviato con tutti gli attori della scuola”



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-01-31 17:19:15 ,www.repubblica.it

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