“Io penso che se anche se Silvio Berlusconi decidesse di non concorrere o si stabilisse che, essendo una figura molto caratterizzata… se lui dovesse rinunciare comunque il centrodestra ha il diritto e dovere di avanzare una proposta, più proposte”. Lo ha detto la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, nel corso della puntata odierna di Porta a Porta su Rai 1. A due giorni da un’analoga dichiarazione di Salvini, anche la leader di Fratelli d’Itali mette le mani avanti a coprirsi da un eventuale passo indietro di Silvio Berlusconi dovuto ad un mancato sostegno dai Grandi Elettori per la nomina a Presidente della Repubblica.
Nel giorno in cui il borsino del Quirinale dà in discesa la candidatura di Silvio Berlusconi, in più di un capannello in Transatlantico viene data in crescita l’ipotesi che al Colle possa salire il presidente del Consiglio, Mario Draghi.
Uno spunto alle ricostruzioni dei parlamentari lo dà anche la visita del premier al presidente della Camera, Roberto Fico. Il colloquio, nel primo pomeriggio, è durato circa un’ora. Dallo staff di Montecitorio è stato descritto come “consueto incontro istituzionale”, ma in queste giornate di voci, ricostruzioni e retroscena, in ambienti parlamentari c’è chi ha notato come in dimora 5 Stelle Fico possa svolgere un ruolo di pontiere dentro il Movimento, visto che Conte non appare particolarmente incline all’ipotesi di Draghi al Colle.
Anche nella truppa del M5s l’ipotesi incontra più di una resistenza, nella convinzione che l’uscita da Palazzo Chigi corrisponda a elezioni anticipate. La visita a Montecitorio non è stata l’unica della giornata di Draghi. In mattinata il presidente del Consiglio ha incontrato al Quirinale Sergio Mattarella. A Palazzo Chigi ha invece visto il ministro della Giustizia Marta Cartabia e il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. E anche su quest’ultimo faccia a faccia le letture “quirinalizie” non mancano. Guerini è infatti alla guida della corrente Pd Base riformista, composta dagli ex renziani, che viene indicata come fra le più favorevoli a un passaggio di Draghi al Quirinale.
L’agenda del premier è stata guardata in controluce, alla ricerca di riflessi che puntassero al Colle. Ma – viene fatto anche notare – per il premier, quella trascorsa non è certo la prima giornata caratterizzata da una serie di incontri istituzionali.
Il tema sarà comunque sul tavolo anche dell’incontro in programma oggi fra Giuseppe Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza. Non è previsto che i tre escano con un nome, per il momento da sinistra ci si limita a studiare le mosse del centrodestra. Visti i segni di stanchezza nella corsa del cavaliere, l’occhio è lanciato già al dopo Berlusconi. Ma da prospettive ancora non coincidenti soprattutto per l’atteggiamento di chiusura di Conte verso l’ipotesi Draghi .
Conte, poi sarebbe disponibile a valutare un candidato del centrodestra, mentre il Pd non ci sta. “Io non condivido il diritto di precedenza del centrodestra e di Salvini”, ha detto il vicesegretario Peppe Provenzano. Per tutti i partiti è comunque fondamentale la garanzia che la legislatura vada al 2023. Tanto più che i cinque stelle devono anche fare i conti con l’inchiesta sul ideatore Beppe Grillo. La tensione interna cresce: alla Camera, per domani, il direttivo ha convocato un’assemblea del gruppo sull’elezione per il Colle.
Il nodo del voto per i positivi
La prima questione da risolvere prima dell’inizio della partita dell’elezione del presidente della Repubblica riguarda il voto dei Grandi elettori. La politica da giorni si divide sulla necessità o meno di tenere fuori dalle votazioni chi è in quarantena o è positivo al Covid. Una delle ipotesi circolata in giornata nei ‘boatos’ di Montecitorio è che potrebbe essere il governo ad intervenire con un provvedimento, ovvero con un decreto per permettere che chi è impossibilitato a venire in presenza in Aula da lunedì possa votare in ogni caso. Ma l’eventualità non è in campo, non sarebbe una strada percorribile, anche perché – sottolineano fonti parlamentari della maggioranza – sui temi divisivi il premier Draghi è rimasto sempre equidistante.
Del resto, si fa notare nel governo, che si possa far votare o meno i positivi è competenza delle Camere. L’esecutivo resterà fuori dalla ‘querelle’, quindi. Ma il nodo resta. E sarà affrontato in Parlamento. Con due ordini del giorno che verranno presentati da Fratelli d’Italia e da Forza Italia. Dovrebbero essere votati mercoledì pomeriggio o giovedì mattina. Non è escluso in quel caso che il governo possa dare parere positivo, ma al momento le forze parlamentari sono divise. Poi lunedì ci sarà una riunione dei capigruppo di Camera e Senato prima di dare il via alle votazioni dalle 15.
Nei prossimi giorni la partita del Quirinale entrerà nel vivo ma il presidente del Consiglio, come ha fatto intendere anche nell’ultima conferenza stampa, non intende scendere sul ring. Resterà fuori dalle polemiche, anche se non è escluso che si possa convergere sul suo nome, magari – sottolineano dal fronte ‘pro Draghi al Colle’ – se si dovesse registrare un’impasse alle prime votazioni.