L’ingegner Enrico De Vita, esperto di sicurezza stradale. “Senza quel varco di un metro e mezzo il guardrail avrebbe contenuto l’autobus evitandone la caduta dal viadotto. Le causa della tragedia non sono state le batterie al litio del pullman”.
Intervista a Ingegner Enrico De Vita
Esperto di sicurezza stradale
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“Non abbiamo alcun elemento per trarre conclusioni sul guardrail, per questo ci serve una perizia”. L’ha dichiarato il Procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi, riferendosi al varco di servizio – circa un metro e mezzo – presente lungo il guardrail sfondato dal pullman precipitato a Mestre. Il magistrato ha aggiunto che sulla barriera “faremo tutte le attività del caso, iniziando da una consulenza tecnica, appena avremo trovato il soggetto idoneo per farla. Servono conoscenze tecniche, non giuridiche”. Come era emerso fin dal principio, dunque, le condizioni del guardrail verranno esaminate con attenzione, e un focus particolare verrà dedicato alla presenza di un “varco di servizio” di un mero e mezzo.
Al riguardo è intervenuto anche l’assessore alla Mobilità di Venezia Renato Boraso, secondo cui quel buco “è un punto di passaggio, un varco di accesso per motivi di sicurezza, per la manutenzione”. “Si tratta di una piccola interruzione che si trova, talvolta, lungo i guardrail. Non vorrei che qualcuno pensasse che 13,5 tonnellate (il peso del bus precipitato, ndr) si sarebbero fermate per un metro e cinquanta” in più di barriera. Boraso ha comunque ammesso che “sicuramente la doppia fila di guardrail è vetusta perché così abbiamo ereditato questo cavalcavia”, ora al centro di un progetto di ammodernamento da 6,5 milioni di euro. “Non è che un metro e mezzo impedisce la caduta”, ha dichiarato l’assessore.
Saranno i magistrati a fare chiarezza e stabilire se quel buco, che ha interrotto la continuità del guardrail, potrebbe aver determinato la caduta dell’autobus dal viadotto e la morte di 21 persone. Su questo aspetto Fanpage.it ha interpellato l’ingegner Enrico De Vita, editorialista di AutoMoto.it ed esperto di sicurezza stradale.
A quasi due giorni dalla tragedia è emerso che il guardrail di Mestre presentava in varco di circa 1,5/2 metri. Le indagini faranno maggiore chiarezza, ma lei – guardando le foto e i video – che idea si è fatto sulla dinamica dell’incidente? Quel guardrail era adatto a quel tipo di strada e ai mezzi che vi transitavano?
Premesso che saranno le indagini della magistratura ad accertare quello che è accaduto ritengo che si possano fare delle ipotesi: ho osservato attentamente fotografie e documenti del tratto di strada di Mestre in cui è avvenuta la disgrazia: innanzitutto si può notare una strisciata della gomma anteriore destra contro il massetto del marciapiede. Dopodiché sono iniziati i colpi della parte della carrozzeria più alta del veicolo contro il guardrail.
A cosa potrebbero essere dovute le strisciate della gomma sul marciapiede?
A due motivi, probabilmente: le gomme del bus erano sgonfie e hanno “tirato” il mezzo verso destra fino a spingerlo contro il marciapiede. Oppure una manovra involontaria dell’autista verso destra ha causato un processo di sgonfiamento immediato delle gomme. Potrebbe essere accaduto, ad esempio, se il bus ha urtato un marciapiede più basso dello spessore degli pneumatici, facendo fuoriuscire aria. Questo fenomeno potrebbe aver “tirato” il pullman verso destra. Morale: le tracce di gomma mi inducono a pensare che ci sia stato un problema di pressione delle gomme. O hanno perso aria improvvisamente, o erano basse da prima. La cosa è facilmente verificabile andando ad esaminare le condizioni degli pneumatici del bus. Ad ogni modo questo spostamento verso destra sarebbe stato ininfluente se non ci fosse stata l’interruzione di circa un metro e mezzo del guardrail.
Che ruolo potrebbe aver giocato quel “buco” sulla barriera protettiva?
Immaginiamo il bus che si appoggia sul tratto di guardrail precedente perché ha le ruote sgonfie: se la protezione fosse stata continua avrebbe provocato l’arresto del mezzo di lì a un po’. Il varco di un metro e mezzo ha fatto sì che il pullman venisse quasi “scaraventato” verso destra incocciando con il muso la parte della lamiera che dava inizio al successivo spezzone del guardrail. L’impatto ha fatto immediatamente sbandare la coda del veicolo. E qui entrano in gioco le batterie: la maggior parte di esse erano collocate sul tetto, e alcune nella coda. Imprimere uno “stop” improvviso all’altezza dei fari anteriori destri del pullman gli ha fatto ricevere di colpo una coppia di forza, che ha spostato il retro del bus verso il centro della strada facendolo poi precipitare dal varco. Le batterie pesavano circa tre tonnellate e mezzo, erano collocate prevalentemente sulla parte alta del mezzo: lo schianto con il guardrail potrebbe aver provocato una coppia ribaltante. Questa potrebbe essere stata la dinamica dell’incidente.
Quel tipo di guardrail sarebbe stato adatto a contenere un autobus?
Lo sarebbe stato, se non ci fosse stato il varco. Questo lo dimostrano i sei/sette impatti contro il guardrail che il pullman ha avuto prima di precipitare nel vuoto. Finché la protezione è stata continua ha contenuto la corsa del bus. È stata la mancanza di guardrail per oltre un metro e mezzo a determinare le conseguenze più gravi dell’incidente.
Il tratto da cui è precipitato il bus a Mestre
A proposito di quel “buco”: per l’assessore alla Mobilità di Venezia Renato Boraso, il varco era “un punto di passaggio, un varco di accesso per motivi di sicurezza, per la manutenzione”.
Non ho mai visto un varco di servizio che faccia scendere dei pedoni in una zona del genere, tra l’altro sprovvista di strisce pedonali . Se quel varco fosse stato progettato per quel motivo si tratterebbe di un errore. È diabolico pensare che in un viadotto così trafficato di vetture di ogni tipo, e anche ad alta velocità, un pedone possa avventurarsi ad attraversare la strada da una parte all’altra per imboccare quel passaggio di servizio. Ripeto: quel varco è un errore infrastrutturale che potrebbe essersi rivelato tragico. Aggiungo: nessun mezzo deve poter cadere dall’alto su un viadotto, tanto meno se pesa decine di tonnellate e se sotto transitano altri mezzi e pedoni.
Allarghiamo il campo: in generale qual è la situazione in Italia? I guardrail sono adeguati?
Nel nostro Paese non esiste un “libro” che insegni agli enti pubblici a costruire le infrastrutture stradali. Provò a scriverlo Nerio Nesi anni fa, ma il suo progetto venne fatto naufragare. Di conseguenza oggi in Italia manca una norma valida per tutti, c’è enorme anarchia sulle rotonde, i guardrail e in generale sulla costruzione delle strade ognuno fa come meglio crede. Aggiungo che laddove delle norme esistono manca chi le faccia rispettare sanzionando chi commette degli illeciti. L’ordinamento americano, ad esempio, prevede un organo legislativo che scrive le norme e le sperimenta per un anno. Tale organo ha anche potere esecutivo – stabilendo chi e come deve applicarle – e infine sanzionatorio, riducendo i fondi alle amministrazioni pubbliche che commettono degli errori. In Italia manca un ente che abbia queste competenze: ogni comune fa quello che vuole e al massimo richiede la consulenza dell’Anas.
Nelle immediatezze della tragedia di Mestre membri del governo hanno puntato il dito contro le batterie al litio del bus elettrico. Cosa ne pensa?
Se avessero preso fuoco batterie al litio sarebbero ancora lì a bruciare. Sarebbe stato impossibile spegnerle in meno di un’ora come hanno fatto vigili del fuoco di Mestre. Non ritengo, quindi, che si siano incendiate le batterie al litio-fosfato-zolfo: penso, invece, che dopo la caduta dall’alto ci sia stato qualche inevitabile cortocircuito per esempio nell’impianto elettrico secondario dei servizi di bordo, che sono alimentati da una batteria a parte. Il corto circuito potrebbe aver innescato un incendio negli arredi del bus. Se le batterie al litio hanno una “colpa” è quella di essere state posizionate sul tetto e di pesare complessivamente 3,5 tonnellate, creando un coppia ribaltante spaventosa quando si è contrapposta una forza contraria nella parte bassa e anteriore del pullman. L’origine fondamentale dell’incidente non è certo nelle batterie, ma nella mancanza di un tratto di guardrail.
In generale i veicoli elettrici sono tendenzialmente più pesanti degli altri?
Decisamente. Consideri che per avere 350 kilowattora occorrono pacchi di batterie che al giorno d’oggi pesano mediamente 5 chili ogni kilowattora. Il calcolo presto fatto: sono 1,75 tonnellate. Si consideri che un motore diesel pesa appena 3,5 quintali.
Vanno adeguate anche le infrastrutture di sicurezza alla luce della pesantezza dei mezzi elettrici?
Il pullman precipitato a Mestre avrebbe avuto un peso complessivo di circa 17 tonnellate, ma ci sono tir a gasolio che a pieno carico arrivano a pesare 40 tonnellate. Il problema è che le infrastrutture di sicurezza installate a Mestre erano obsolete e inadeguate per qualsiasi mezzo pesante, a prescindere dall’alimentazione.
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di Davide Falcioni
www.fanpage.it
2023-10-05 15:06:06 ,