Sfida per la Casa Bianca, qual è il piano B se Biden si ritira

Sfida per la Casa Bianca, qual è il piano B se Biden si ritira


Il fallimento di Joe Biden al primo dibattito elettorale contro un più sicuro Donald Trump potrebbe cambiare il volto della campagna per le presidenziali negli Stati Uniti. La pressione in queste ore è enorme e ormai non si tratta più di studiare parole e gesti del presidente ottantunenne per carpirne la prontezza o aver il conforto di sapere che è presente a se stesso. Ora si hanno delle certezze e il confronto tv in questo senso è stato spietato. Si dice che i democratici siano nel panico ma il problema ora è cosa vuole fare lo stesso Biden, ci vorrebbe un suo passo indietro per cercare in fretta un sostituto o sostituta.

La scelta più scontata sarebbe la vicepresidente Kamala Harris, anche se non c’è nessun automatismo in suo favore. Se si esclude Michelle Obama, che non ha fatto altro che smentire un suo interessamento per ogni qualsivoglia competizione, emergono tre governatori di Stati: quello della California, Gavin Newsom, quella del Michigan Gretchen Whitmer, quello dell’Illinois, l’imprenditore e filantropo J. B. Pritzker.

Ma si può arrivare a un nuovo candidato solo se Biden rinuncia e alla convention di Chicago del 19 agosto i delegati sono liberi di scegliere un altro nome. Secondo le regole del Comitato Nazionale Democratico, non esiste alcun meccanismo attraverso il quale altri leader di partito possano escludere Biden. Ci sono da considerare i delegati, Biden ha vinto il 95 % dei quasi 4mila delegati che hanno promess0 ma non sono legalmente impegnati a votarlo. C’è chi nota però che i delegati sono stati selezionati per fedeltà a Biden e quindi difficilmente gli volterebbero le spalle a meno che non sia lui a chiederlo.

Nel caso il presidente decidesse di mettersi da parte, si darebbe il via a una competizione dagli esiti incerti. Potrebbero a questo punto avere un ruolo di primo piano i superdelegati del partito – funzionari eletti e leader dei democratici – che voterebbero a piacimento senza alcun vincolo in caso di gara aperta in cui nessuno dei pretendenti abbia conquistato una maggioranza.

Kamala Harris potrebbe essere favorita da due circostanze: la prima e più importante è costituita dai soldi. La campagna di Biden e il partito avevano raccolto a fine maggio – calcola Bloomberg – 212 milioni di dollari, un tesoretto che andrebbero alla Harris nel caso prendesse il posto di Biden perché i due costituiscono un ticket. Ogni altro candidato dovrebbe partire da zero e a quel punto ci sarebbe davvero poco tempo. L’altra circostanza che potrebbe aiutare la Harris è Biden stesso con un possibile endorsment che influenzerebbe i delegati a favore della sua vice. A remare contro la Harris sono i sondaggi che la danno ancora più indietro di Biden e suggeriscono ai democratici di guardare altrove.



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