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Data : 2024-05-21 15:29:05
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Lunedì il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista al commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni. L’intervista è il frutto di un colloquio che Gentiloni aveva avuto mesi fa con il giornalista Paolo Valentino, che poi l’aveva inserito in un suo libro su questioni europee, Nelle vene di Bruxelles, edito da Solferino e appena pubblicato. Anche per promuovere il volume, Valentino ha estrapolato l’intervista, intitolata così sul Corriere: «Sul PNRR non ci fu trattativa. I fondi li decise un algoritmo».
Gentiloni in effetti non dice esattamente questo, nell’intervista. Spiega che i fondi europei del Next Generation EU, il grande piano di finanziamenti europei approvato nell’estate del 2020 per sostenere le economie degli Stati membri durante la pandemia, «sono stati dati in base a un algoritmo ai vari paesi», e poi precisa:
Parlo delle quote di finanziamento assegnate ai diversi paesi. Non sono state negoziate dai capi di governo. Sono state ricavate da un algoritmo che è stato tra l’altro ideato e definito da due direttori generali (entrambi olandesi). C’è un po’ di retorica sul fatto che abbiamo conquistato un sacco di soldi. Non è vero. L’Italia è il settimo paese in termini di rapporto tra soldi ricevuti e PIL.
Le parole di Gentiloni, importante dirigente del Partito Democratico, riguardano un tema di ricorrente scontro politico tra il Movimento 5 Stelle e la destra. Giuseppe Conte, che nell’estate del 2020 era presidente del Consiglio e guidò i negoziati italiani contribuendo a ottenere l’avvio del Next Generation EU, rivendica infatti come un merito della sua caparbietà e della sua abilità diplomatica l’aver garantito all’Italia una cifra di prestiti e sovvenzioni più cospicua di quella inizialmente prevista; Giorgia Meloni al contrario ha più volte negato questa versione, spiegando che la distribuzione dei fondi avvenne secondo un calcolo definito dalla Commissione Europea.
Lette nell’ottica di questo scontro politico, le parole di Gentiloni sono state utilizzate strumentalmente dai giornali di destra per evidenziare come abbia ragione Meloni a negare il merito di Conte; contestualmente, vari esponenti del Movimento hanno criticato le parole di Gentiloni.
Ma al di là delle polemiche, che la distribuzione dei fondi del Next Generation EU fosse stata fatta sulla base di un algoritmo è noto da tempo. Anzi, era un principio fissato in premessa nel regolamento dell’Unione Europea che istituiva lo stesso piano di finanziamenti, votato il 10 febbraio 2021 dal Parlamento Europeo (anche dagli europarlamentari del M5S).
Il punto numero 37 delle premesse indicava che «al fine di garantire un contributo finanziario significativo commisurato alle esigenze reali degli Stati membri […] è opportuno definire un contributo finanziario massimo disponibile per gli Stati membri». Questa cifra andava definita sulla base di due parametri. Per il 70 % sarebbe stato calcolato in maniera direttamente proporzionale al numero di abitanti di quel paese, e in maniera inversamente proporzionale al PIL pro capite (cioè al prodotto interno lordo diviso per il numero di abitanti) e al tasso di disoccupazione registrato tra il 2015 e il 2019: insomma, venivano tutelati i paesi più popolosi e in maggiori difficoltà economiche. Per il restante 30 %, il contributo da assegnare a ogni Stato membro sarebbe stato calcolato tenendo conto, oltre che della gente e dell’inverso del PIL pro capite, anche della variazione del PIL reale nel 2020 e nel 2021: l’idea era di dare un maggiore aiuto a quei paesi che avevano sofferto di più sul piano economico e produttivo per gli effetti della pandemia.
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Tutto ciò veniva poi chiarito più in dettaglio all’articolo 11 del regolamento, che conteneva infine anche un serie di allegati tecnici: i primi quattro contenevano proprio una complessa spiegazione sul funzionamento dell’algoritmo, con formule matematiche per fare i calcoli. Sulla base di questi parametri, era stata così stabilita la ripartizione delle sovvenzioni per ciascun paese, per cui all’Italia veniva riconosciuto un massimo di 68,895 miliardi di euro: esattamente la cifra di cui l’Italia ha beneficiato per quel che riguarda le sovvenzioni, la parte dei fondi del piano composta da finanziamenti che non andranno restituiti, spesso definiti grants o a fondo perduto.
Il resto del nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è stato finanziato invece tramite 122,6 miliardi di prestiti (loans), somme che l’Italia dovrà restituire alla Commissione Europea nei prossimi anni ma che sono particolarmente convenienti rispetto agli altri strumenti con cui tradizionalmente i governi trovano risorse sul mercato, cioè emettendo titoli di Stato a tassi di interesse più alti di quelli emessi dalla Commissione tramite il Next Generation EU. L’articolo 14 del regolamento stabiliva che ciascuno Stato aveva la facoltà di chiedere questi prestiti agevolati, ma in misura non superiore al 6,8 % del reddito nazionale lordo (un indicatore che in sostanza tiene conto, oltre che del PIL, anche dei redditi dei cittadini di uno Stato residenti all’estero) registrato nel 2019. L’Italia fu l’unico paese, insieme a Grecia e Romania, a decidere di chiedere l’intera quota dei prestiti che aveva a disposizione.
Questi stessi principi erano stati indicati nei documenti ufficiali del governo italiano, scritti nel settembre del 2020 per spiegare i contenuti dell’accordo fatto dal Consiglio Europeo nel luglio di quell’anno. Il meccanismo di calcolo e di assegnazione delle risorse era illustrato a pagina 6 delle linee guida sintetiche e a pagina 36 delle linee guida estese. Sulla base di questi parametri, l’Italia nel luglio del 2020 ottenne così per il suo PNRR circa un quarto dei 750 miliardi complessivamente stanziati dalla Commissione Europea con il Next Generation EU: poco meno del 18 % delle sovvenzioni e poco meno del 34 % dei prestiti.
Insomma, una valutazione sull’efficacia del negoziato di Conte sul piano europeo prescinde dall’esistenza dell’algoritmo ricordata da Gentiloni. Infatti la delegazione italiana, composta anche dal ministro per gli Affari europei Enzo Amendola, del PD, e dagli ambasciatori Maurizio Massari e Pietro Benassi, ebbe il merito di promuovere la nascita del Next Generation EU. L’idea di adottare uno strumento di sostegno all’economia degli Stati membri finanziato con debito comune fino ad allora era stata sempre rigettata dalla Germania, dai Paesi Bassi e da altri paesi dell’Europa settentrionale.
Tra febbraio e luglio del 2020 alcune iniziative promosse dall’Italia propiziarono invece la nascita del Next Generation EU: tra le altre, una lettera di Conte e di altri otto capi di Stato e di governo europei, e un’altra lettera firmata da Gentiloni e dal commissario europeo per il Mercato interno, il francese Thierry Breton. Queste e altre sollecitazioni vennero infine raccolte da Emmanuel Macron e Angela Merkel, i due leader europei più influenti, che raggiunsero l’intesa definitiva durante una videoconferenza il 18 maggio del 2020. Quell’accordo di fatto sbloccò i negoziati, che si conclusero infine durante il Consiglio Europeo del 19 luglio.
L’algoritmo utilizzato per la distribuzione dei fondi del piano risultò comunque conveniente per l’Italia, che del resto aveva sofferto le conseguenze economiche della pandemia più di altri paesi.
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Il post dal titolo: Si sapeva già che i fondi del Next Generation EU erano stati assegnati con un algoritmo scitto da il 2024-05-21 15:29:05 , è apparso sul quotidiano online Politica – Il Post dove ogni giorno puoi trovare le ultime notizie dell’area geografica relativa a Politica