Sicilia, i deputati regionali salvano gli aumenti delle indennità

Sicilia, i deputati regionali salvano gli aumenti delle indennità

Sicilia, i deputati regionali salvano gli aumenti delle indennità



Il presidente della Regione siciliana Renato Schifani l’ha definita una legge di stabilità che segna un cambiamento di sostanza. Qualcun altro, non senza ironia, l’ha definita una legge di stabilità che salva il potere d’acquisto ma solo dei 70 deputati, così si chiamano i componenti dell’Assemblea regionale siciliana. Il tutto grazie all’adeguamento all’indice Istat con un aumento secco di 890 euro al mese che porta l’indennità dei parlamentari siciliani da 11.100 euro al mese (di cui 4.500 euro a titolo di rimborso spese e 3.800 euro per i collaboratori) a 11.990 euro: un incremento dell’8 %, in forza di una legge regionale approvata nel 2014 che prevede l’adeguamento in caso di aumento del costo della vita.

Micciché: «Con l’indennità da parlamentare arrivo a fine mese»

Colpa dell’inflazione, dunque, che «ha portato a una rimodulazione in aumento della spesa da euro 10.450.000 del 2022 ad euro 11.200.000 previsti nel 2023» c’è scritto nel bilancio dell’Assemblea regionale. Norma contestata, anzi contestatissima da alcuni, ritenuta addirittura dannosa per l’immagine del partito dai vertici nazionali di Fratelli d’Italia (qualcuno dice addirittura da Giorgia Meloni), ma approvata alle 4 del mattino a scrutinio segreto proposto da Gianfranco Micciché, ex presidente dell’Assemblea, su un emendamento che puntava a sopprimere la previsione del 2014 e presentato dal leader di Sicilia Vera Cateno de Luca: «Basta! Siamo considerati lo schifo del Paese, qualsiasi cosa facciamo – ha dichiarato Micciché –. Basta. Serve uno scatto di dignità. Con l’indennità da parlamentare arrivo a fine mese e chiedo scusa a chi purtroppo non ci arriva. Ma non ho ville, non ho yacht e non rubo, si è montato un polverone su un automatismo. Avrei evitato di chiedere il voto segreto, purtroppo però in quest’aula ci sono colleghi che hanno paura della demagogia».

Smentite le pressioni dei vertici di FdI

In aula, il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno (FdI) ha smentito di avere ricevuto pressioni dai vertici del suo partito per cancellare la norma e spegnere così le tante polemiche. «Non c’è stato alcuna ingerenza e interferenza da parte di Giorgia Meloni o di Ignazio La Russa. La realtà è che l’automatismo ha suscitato in molti siciliani indignazione rispetto a una situazione di difficoltà di tanta gente». A fare quadrato attorno alla rivalutazione Istat è stata una maggioranza trasversale. Ad aprire le danze in aula, in un dibattito che si è fatto in alcuni momenti infuocato, è stato il presidente dell’Antimafia regionale, Antonello Cracolici (Pd) il quale, difendendo la norma, ha ricordato che l’adeguamento Istat per i consiglieri regionali c’è anche nel Lazio, in Trentino Alto Adige, in Umbria e in Sardegna. «Da 48 ore questo Parlamento subisce attacchi ingiustificati per un automatismo previsto dalla legge – ha detto Cracolici –. Sono un uomo libero e non mi vergogno di dire che sono contro l’abolizione della norma. Difendo l’autonomia di questa Assemblea». Anche due assessori del governo Schifani (Mimmo Turano della Lega e Roberto Di Mauro del Mpa) si sono schierati contro l’abrogazione, posizione assunta nel centrodestra dal capogruppo della Dc, Carmelo Pace. Favorevoli alla cancellazione invece FdI e i deputati del M5s. Alla fine il voto segreto, alle 4 del mattino di venerdì 10 gennaio, ha sancito il mantenimento della norma . E infine, al termine di una maratona durata 19 ore l’Assemblea regionale siciliana ha approvato la legge di stabilità per il 2023 con 35 voti a favore e 22 contrari. Una legge di stabilità che vale, sulla carta, un paio di miliardi.

Schifani: «Una manovra che guarda al sociale»

«Una manovra finanziaria che guarda al sociale – è stato il commento di Schifani –, alla tenuta dei conti, alla crescita e allo sviluppo dell’Isola. Una legge di stabilità nella quale abbiamo previsto risorse per i danni dovuti alle calamità naturali, per gli indigenti e per numerose categorie di lavoratori. È, comunque, solo un primo passo di un percorso che proseguirà nei prossimi cinque anni».



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