Le organizzazioni sono efficaci ed efficienti quando sono adeguate al futuro: il cuore
dell’attività gestionale è dotarsi di strumenti in grado di supportare (e monitorare) il grado di
adeguatezza al futuro. Ma quale futuro? Prevederlo ormai è impossibile. L’oggi è talmente incerto che fare previsioni anche solo a breve termine diventa arduo. Ci sono eventi di natura geopolitica che costringono a rivedere le sedi all’estero e i fabbisogni energetici, dobbiamo fare i conti con le catastrofi legate al cambiamento climatico, senza tralasciare i trend demografici davvero scoraggianti, in primis la denatalità.
Sono tutti elementi che impattano in maniera forte ed evidente sulle imprese, molto più di quanto non accadesse in passato: una certa garanzia di marginalità rendeva estremamente discrezionale la scelta degli strumenti gestionali. Oggi i margini risicati con cui manager e imprenditori devono fare i conti in un mercato sempre più competitivo e incerto (Bani e Vuca sono gli acronimi che lo descrivono) li inducono a scelte pressoché obbligate: non è possibile infatti prescindere da una dinamica demografica che vede la gente aziendale invecchiare in modo progressivo e
irreversibile, costringendo alla convivenza generazioni con importanti gap anagrafici.
Non è altresì possibile ignorare le questioni digitali, e dell’innovazione tecnologica o esimersi dal
definire il proprio scopo imprenditoriale, la propria mission e vision, comunicandola correttamente e in modo trasparente al mercato, ai consumatori, al territorio e agli stakeholder chiarendo la quota di responsabilità sociale che ci si assume. L’obiettivo della marginalità e sopravvivenza dell’azienda passa dalla sua capacità di attrarre le risorse più capaci e competenti e poi di trattenerle motivandole, condividendo strategie, obiettivi e risultati raggiunti.
A ben guardare però, le organizzazioni hanno a disposizione uno strumento in grado di
affrontare con consapevolezza le sfide e mettere a terra una struttura resiliente e orientata al
futuro: il lavoro agile. A prescindere dal fatto che l’organizzazione decida o meno di
implementarlo, i processi che lo smart working costringerebbe a rivedere sono il fulcro di
un’organizzazione future-oriented. La nostra survey sulla regolazione aziendale dei nuovi
modi di lavorare conferma proprio che le organizzazioni non vivono più lo smart working soltanto con l’obiettivo di conciliare lavoro e vita privata: se nel 2022 primeggiava il work-life
balance, nel 2023 al primo posto tra gli scopi di implementazione dello smart working col
40% dei rispondenti troviamo l’innovazione dei modelli organizzativi.
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di Arianna Visentini www.wired.it 2023-11-02 09:30:00 ,