Massimo Ammaniti non nasconde la sua preoccupazione, anzi la sua angoscia. “Sono dati gravissimi, come si fa a lasciare uno smartphone nelle mani di un ragazzino di otto anni? Tutto il suo universo rischia di spegnersi”. Ammaniti, psichiatra, classe 1941, è uno dei più famosi psicoanalisti italiani dell’età evolutiva, alla cura dei bambini e adolescenti ha dedicato l’intera vita. Racconta: “Pochi giorni fa ero in una trattoria, c’erano alcune famiglie con i figli, un bel gruppo di bambini e ragazzi seduti tutti insieme in un tavolo. Nessuno di quei giovani parlava, ognuno era perso nello schermo del proprio cellulare. Era un scena triste”.
Ammaniti esiste un’età giusta in cui consegnare uno smartphone ai figli?
“Direi l’adolescenza. Quando iniziano a uscire da soli e il cellulare serve per restare in contatto con la famiglia. Poi è chiaro che ne fanno un utilizzo assai più ampio. Ma almeno sono già un po’ formati”.
Il 58,4% dei bambini possiede un cellulare. Lei parla di dati gravissimi.
“Intanto mi chiedo cosa spinga un genitore a fare un scelta così pericolosa. Il rischio è che con quello strumento in mano un bambino non guardi più il mondo che lo circonda. Nell’età cosiddetta della latenza in cui tutto dovrebbe essere una scoperta. Entrando invece in un sorta di silenzio, di isolamento. Rischiamo di avere una generazione che non saprà più cosa è un animale, una corsa nei prati, un’amicizia reale, senza più gli stimoli della vita vera”.
Sul fronte dell’attenzione e del linguaggio cosa accade?
“Il continuo “zapping” da un contenuto all’altro ha creato un’epidemia di disturbi dell’attenzione. Il linguaggio poi , sviluppandosi soltanto nelle chat tra amici è povero e gergale. E il rischio è la dipendenza. E’ stato fatto un esperimento tra un gruppo di bambini che venivano addormentati con un video e un altro gruppo con le fiabe raccontate dai genitori. Questi ultimi avevano capacità linguistiche e logiche assai più sviluppate degli altri”.
Però, professore, attraverso gli smartphone passa la nostra vita.
“È vero, non per questo dobbiamo consegnarli a bambini di 6 o 8 anni. L’infanzia è stupore, esperienza. Non lo stimolo virtuale di uno schermo. Altrimenti che adulti saranno?”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-01-05 05:26:42 ,www.repubblica.it