Una cooperativa di servizi e un ingrosso di carta, detersivo e materiali igienizzanti. Due aziende gestite da prestanome del boss Catello Fontanella, che servivano per coprire le estorsioni che venivano messe a segno ai danni degli imprenditori e consentire di riciclare i soldi. Aveva pensato a tutto il capoclan che dopo 26 anni ininterrotti trascorsi in carcere, era tornato in libertà nel 2018 con l’obiettivo di rifondare la cosca che per decenni ha detto legge tra Sant’Antonio Abate e Angri.L’inchiesta coordinata dall’Antimafia e condotta dai carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia ha acceso i fari anche sulle aziende direttamente riconducibili al boss Catello Fontanella. La prima è la C.D.C srl, società di servizi che si occupava un po’ di tutto, dal facchinaggio alle pulizie in aziende e attività commerciali. Una ditta che nel giro di pochissimo tempo era arrivata a fatturare 200mila euro. Inizialmente era intestata a alla sua compagna Anna D’Auria, ma dopo alcuni dissidi – secondo l’Antimafia – il boss aveva preteso che ad amministrarla fossero i suoi nipoti Luigi e Catello Fontanella, e infine una ragazza Teresa D’Alfonso. La società riusciva a ottenere commesse attraverso la capacità intimidatoria del boss, che attraverso il suo braccio destro Manolo Martinez (di fatto suo genero), in un caso era riuscito a imporre anche l’assunzione di dieci facchini in un’azienda conserviera di Angri.Non solo servizi, Catello Fontanella puntava anche al business delle estorsioni mascherate da forniture. Secondo la tesi degli investigatori, il boss era il reale proprietario della “Ar Professional srl”, una società che commerciava all’ingrosso carta, cartone, detersivi e materiali igienizzanti. La società sulla carta era intestata a una donna, Anna Ruotolo, e al nipote del boss Catello Fontanella, che successivamente fa spazio a Salvatore Gallo, marito della Ruotolo. Ma in realtà, secondo l’Antimafia, erano solo prestanome del capoclan che li utilizzava per evitare che le aziende potessero essere sequestrate.Un tentativo vano di sfuggire alla giustizia, perché sugli affari del boss si era già da tempo concentrata l’attenzione delle forze dell’ordine che non lo hanno perso di vista nemmeno per un istante dal momento della sua scarcerazione. Un lavoro che ha consentito di accertare come Catello Fontanella stesse provando a rifondare un clan che negli anni scorsi aveva gettato nel terrore Sant’Antonio Abate.
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di Tiziano Valle
www.metropolisweb.it
2022-07-30 06:35:58 ,