di Sandro Iannaccone
- Ascoltare le proprie sensazioni
- Informarsi è diverso da ingozzarsi
- Stabilire dei limiti
- Attenzione al pregiudizio di conferma
- Ansia e paura sono “normali”
Ascoltare le proprie sensazioni
Il primo passo è cercare di comprendersi e conoscersi il meglio possibile. La domanda da porsi, dunque, è anzitutto: “Perché sono così interessato alle cattive notizie? E perché l’opinione degli altri è così importante?”. Le ragioni potrebbero essere molte, e spesso del tutto scollegate dalle catastrofi del mondo: stress lavorativo, per esempio, o problemi sentimentali o familiari, che ci possono portare, per reazione, a cercare di “distrarci” prendendo in mano lo smartphone e compulsare la ricerca di cattive notizie.
In questo modo, se si riesce a identificare la ragione vera del problema, o il bisogno che porta al doomscrolling, si può agire direttamente sulla causa anziché sul sintomo, con risultati più efficaci. Se il problema è il lavoro, per esempio, si può chiedere aiuto ai propri colleghi, anziché distanziarli ulteriormente nascondendosi dietro lo schermo di un telefono.
Informarsi è diverso da ingozzarsi
Il desiderio di rimanere informati sulle cose del mondo, naturalmente, è sano e giusto. Smette di esserlo quando da informarsi si passa a ingozzarsi di notizie. La sovraesposizione e la sovrastimolazione, specie se a fatti particolarmente negativi e drammatici, e specie se condotta in solitudine e compulsivamente, può dare la stura a meccanismi psicopatologici come l’aumento di stress e il pregiudizio per il confronto sociale con gli altri. È un fenomeno in qualche modo normale.
Quello che bisogna cercare di fare in questa situazione, allora, è imporsi di limitare le stimolazioni: scegliere solo alcuni organi di informazione (preferibilmente affidabili), per esempio, e consultare soltanto quelli, e ricordare che è la qualità delle informazioni, e non la loro quantità, a procurarci un senso di maggiore sicurezza. Prima dell’invenzione della stampa i libri in circolazione erano relativamente pochi: nell’arco di una vita intera era forse possibile acquisire buona parte della conoscenza prodotta dal genere umano fino a quel momento (vedi il buon Salimbene da Parma); adesso siamo nell’estremo diametralmente opposto, ed è impensabile tentare di essere costantemente aggiornati e informati su tutto.
È un corollario del suggerimento precedente: una strategia tanto semplice quanto efficace per contrastare il doomscrolling è quella di stabilire dei limiti spaziali e temporali per il consumo (parola tutt’altro che casuale) delle notizie. Quindi, per esempio: sfogliare i giornali solo a colazione, consultare i social network solo dopo l’orario lavorativo, spegnere tassativamente il telefono un’ora prima di andare a dormire.
Costruire, insomma, una barriera fisica che tenga tecnologia e social media lontani dal proprio tempo libero e dal proprio spazio di comfort. Anche perché è notorio che la luce dei dispositivi retroilluminati rende più difficile addormentarsi e rovina la qualità del sonno.
Attenzione al pregiudizio di conferma
Gli inglesi lo chiamano confirmation bias, traducibile con “pregiudizio di conferma”. Parole che, nel concreto, si traducono in un concetto molto semplice: ci piace sentirci dire quello che già sappiamo, e tendiamo a cercare conferme di ciò che già crediamo. Si tratta di un meccanismo psicologico ormai ben noto e studiato, che ha implicazioni non implicazioni non indifferenti nell’ambito della disinformazione e delle fake news.
Il fatto che cerchiamo solo informazioni che corroborano quello che vogliamo sentirci dire fa sì che molto difficilmente cambieremo idea, e non c’è fact-checking che tenga (come d’altronde aveva svelato, in tempi meno sospetti, un esteso studio italiano condotto dal team di Walter Quattrociocchi). Questo fenomeno non fa che alimentare il doomscrolling: sono convinto di certe cose e voglio cercare compulsivamente tutte le informazioni che confermano quello in cui credo. Come uscirne? Una possibilità, per esempio, è quella di provare a cercare argomentazioni che vadano contro le proprie convinzioni, crederci e provare a sostenerle. Una sorta di partita a scacchi da soli, in sostanza. E poi, naturalmente, cercare un confronto costruttivo e aperto, il più possibile privo di pregiudizi, con persone che la pensano diversamente.
Ansia e paura sono “normali”
Siamo esseri umani. E dobbiamo accettare di essere fallibili. Di avere fragilità, paure, insicurezze, tanto più in un momento storico come questo. Quando non si riesce a gestire queste sensazioni in maniera sana, la strategia migliore non è certo quella di isolarsi e scorrere il feed di giornali e social media ingurgitando bulimicamente cattive notizie. La risposta più efficace, nel momento in cui ci accorgiamo che le nostre paure ci paralizzano e ci portano a comportamenti insalubri, evitanti e che si auto-alimentano, è quella di chiedere aiuto a un professionista. Non c’è nulla di cui vergognarsi, e non c’è niente di più sano.
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www.wired.it
2022-04-09 05:00:00